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«La tenuta del Paese è a rischio».

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Ilministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, batte la mano sul petto, ammette di sentire «una grande responsabilità per il disagio sociale diffuso legato alla mancanza di lavoro che è molto più ampio di quello che le statistiche dicono». I numeri sono drammatici: se mettiamo insieme disoccupati, inoccupati, sottoccupati e sospesi arriviamo a 5-6- forse 7 milioni di persone - dice il ministro - e se moltiplichiamo per i loro familiari arriviamo alla metà della nostra società». Pertanto «a rischio non sono solo i consumi e gli investimenti, ma anche la tenuta economica e sociale del Paese». Poi rilancia i project bond per le infrastrutture che possono «essere un modello per l'Europa». L'obiettivo, dice, è «convincere l'Europa che talune tipologie di investimento non possono essere considerate alla stregua della spesa corrente». Mentre il governo ammette di aver usato la mano pesante, dal mondo delle imprese si moltiplicano i segnali di allarme sui diversi fronti, dal credito ai pagamenti da parte della pubblica amministrazione, dalle imposte alle politiche per la crescita. Ieri le due assemblee annuali, di Unindustria e di Rete Imprese Italia, sono state l'occasione per il mondo imprenditoriale per alzare la voce. «La logica del rigore e del contenomento del debito come asse portante della politica di bilancio rischia di affossare l'economia» tuona il presidente di Rete Imprese Italia, Marco Venturi e avverte: «Un ulteriore aumento dell'Iva metterebbe definitivamente in ginocchio il Paese. Tra Imu e Iva è un percorso di guerra». Poi il dito puntato contro le banche che «devono tornare a sostenere le nostre imprese» e alla Pubblica Amministrazione perché «paghi i propri fornitori». In ballo c'è la «cifra mostruosa di 70 miliardi di debiti» che sottrae ricchezza a investimenti, occupazione e consumi. Per uscire dall'imbuto della crisi al ricetta è semplice: «tagli agli sprechi, dismissioni, riduzione della pressione fiscale sono must irrinunciabili per ridare vitalità alla nostra economia». Al grido di allarme di Venturi si è aggiunto quello del presidente di Unindustria. Il credito per le imprese è «una questione di vita o di morte. Il credit crunch, unito ai ritardati pagamenti, sta stritolando il tessuto produttivo» ha detto Aurelio Regina che a breve siederà accanto a Squinzi come vicepresidente di Confindustria. Nell'ultima assemblea, parla chiaro: «Il capitolo delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni deve essere riaperto». «La crisi che colpisce il Lazio e l'Italia è una vera frattura delle traiettorie di sviluppo - dice Regina - Il debito accumulato dal comune di Roma è di ben 9 miliardi». Parla dell'addizionale comunale Irpef e delle tasse aeroportuali che sono «le più alte d'Italia». Preoccupante la crisi sul mercato del lavoro. «Il tasso di disoccupazione era al 7,5% nel 2008 e in tre anni è arrivato a circa il 9%». Lo sguardo va indietro alle Olimpiadi sfumate. «Da quel no consegue che ogni intervento infrastrutturale è affidato alle nostre aziende. Primo fra tutti, l'ampliamento dell'Aeroporto di Fiumicino. Grazie ad un piano di investimenti di 12 miliardi, l'aeroporto diventerà uno dei principali scali europei». All'Assemblea il presidente uscente di Confindustria, Emma Marcegaglia, rincara la dose: «O l'Europa riprende a crescere o c'è il rischio che deflagri tutto». E chiama in causa Monti: «Vada in Europa a dire che non possiamo vivere solo di austerità. Bisogna mettere al centro anche la crescita». Infine «bisogna sbloccare i debiti della pubblica amministrazione». L.D.P.

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