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Il Pd canta la vittoria dei candidati degli altri

Pierluigi Bersani, segretario del Pd

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Il Pdl è crollato, praticamente scomparso. Ma in un giorno che dovrebbe essere di trionfo, a via del Nazareno la parola più usata è «centrosinistra». Non Pd. Perché questo, ancorché schiacciante nelle propoporzioni, non è un successo democratico. Certo, come sottolinea il segretario Pier Luigi Bersani, «non è vero che tutti i partiti sono annegati in un indistinto in cui tutti hanno perso». «C'è uno sgretolamento - aggiunge - ma il Pd è andato bene e andiamo ai ballottaggi con grandissima fiducia e consapevolezza che siamo la forza che avrà le più grandi responsabilità di governo nelle città». Grandi responsabilità, ma nessun primo cittadino in corsa per governare le principali città chiamate alle urne. Un po' come era successo lo scorso anno quando Milano e Napoli erano finite nella mani di Giuliano Pisapia (Sel) e Luigi De Magistris (Idv). A Genova città che il centrosinistra governa ininterrottamente da quasi 20 anni, c'è un vendoliano: Marco Rossi Doria. Che dopo aver sbaragliato i candidati democratici, non è comunque riuscito a centrare la vittoria al primo turno. A Palermo il Pd, pur andando al ballottaggio con Fabrizio Ferrandelli, è stato letteralmente travolto da Leoluca Orlando che a caldo commenta: «Qua c'è un Pd che sostiene il governo Lombardo. Metà dei suoi elettori, per questo motivo, ha votato per me. Su questo Bersani dovrebbe riflettere». E che dire di Parma, dove dopo la fallimentare esperienza del centrodestra (comune commissariato e sindaco dimesso), il Pd si è fermato al 40% e ora dovrà affrontare il ballottaggio con il grillino Federico Pizzarotti? Insomma il crollo del Pdl è fin troppo evidente. E tanto basta per convincersi che, svolgendo poco più che l'ordinaria amministrazione, i Democratici possano trovarsi presto a guidare il Paese. La situazione ricorda quella del 1993 con la differenza che, a meno di clamorose sorprese, stavolta l'epilogo sarà ben diverso da quello che toccò alla «gioiosa macchina da guerra» di Achille Occhetto. Eppure i problemi non mancano. Anzitutto è ormai chiaro che, d'ora in poi, il Pd dovrà ragionare in un'ottica di «centrosinistra». L'alleanza con Idv e Sel è una certezza, il Terzo Polo è praticamente scomparso e anche se Bersani continua a parlare di aperture ai «moderati», il futuro sembra essere a sinistra. C'è poi il dato di Grillo che colpisce tutti indistintamente ma che in chiave Politiche non può certo essere sottovalutato. Anche per questo sia il leader del Pd che Dario Franceschini si affrettano a smontare l'idea di una nuova legge elettorale proporzionale che potrebbe premiare le estreme e rilanciano il doppio turno di collegio. Un'altra ipotesi potrebbe essere anche quella di andare al voto prima possibile per evitare che il Pdl riesca ad organizzarsi. Ma per ora questa linea resta minoritaria all'interno dei Democratici. Per ora.

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