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Grillo preferisce la mafia allo Stato

Beppe Grillo a Palermo

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Il meccanismo è semplice. Si dice una cosa politicamente scorretta, si scatena la polemica e ci si guadagna un po' di spazio su televisioni e giornali. Pubblicità a poco prezzo. Anche ieri Beppe Grillo ha ripetuto a Palermo il format base del suo tour teatrale-elettorale a sostegno dei candidati del Movimento 5 Stelle. Stavolta, però, accanto alle solite sparate antipolitiche contro il presidente della Repubblica e i partiti, il comico genovese ha piazzato il colpo ad effetto. E si è lanciato nel più populista dei paragoni tra lo Stato e la mafia. Un «regalo» alla città siciliana che lo ospitava. La stessa che ha fatto da scenario alle esecuzioni, tra gli altri, di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Pio La Torre (ucciso il 30 aprile di trent'anni fa ndr) e Carlo Alberto Dalla Chiesa. Ma per Grillo, evidentemente, la memoria vale meno della provocazione a buon mercato. Così, applausi a Cosa nostra che «non ha mai strangolato i suoi clienti» e «si limita a prendere il pizzo». E fischi al governo, ai partiti: «Un'altra mafia che strangola la sua vittima». «Vogliamo nomi e cognomi di chi sta portando al macello il Paese - ha aggiunto -. Facciamo un processo con una giuria popolare e poi mandiamoli a fare i lavoratori socialmente utili». Insomma, la mafia è meglio dello Stato. Una tesi tutt'altro che originale. E infatti a stretto giro di posta ecco arrivare la replica di Claudio Fava, membro della segreteria nazionale di Sel, ma anche figlio di Pippo Fava, giornalista ucciso da Cosa Nostra nel gennaio del 1984: «Grillo parla come un mafioso senza essere nemmeno originale. Gli stessi argomenti prima di lui li hanno già utilizzati Vito Ciancimino e Tano Badalamenti. E come l'ultimo dei mafiosi non ha nemmeno il coraggio di confrontarsi pubblicamente sulle sue patetiche provocazioni». Ma la sua non è una reazione isolata. «Le parole di Beppe Grillo - commenta Flavio Arzanello della segreteria nazionale del Pdci -, pronunciate tra l'altro alla vigilia del trentennale dell'assassinio di Pio La Torre, sono uno schiaffo a tutte le vittime di mafia e a chi lotta ogni giorno per il riscatto del Mezzogiorno. Si dovrebbe vergognare. Questa volta è andato oltre i consueti sermoni populisti, ed è in sintonia con chi in questi 50 anni, proprio con questi atteggiamenti, ha assecondato il dominio mafioso». Sulla stessa lunghezza d'onda il responsabile organizzazione del Pd Nico Stumpo: «Da un pifferaio a un ciarlatano, l'Italia non merita chi non conosce la storia e la realtà. C'è una crisi economica grave, ma non credo che Grillo ne sappia qualcosa. Come evidentemente non sa nulla di mafia. Anche per lui, in queste ore ricordiamo commossi Pio La Torre che trent'anni fa pagava con la vita la sua lotta alla sopraffazione e alla violenza. Non è negandola che si combatte la mafia, non è con la demagogia che si fa crescere il rispetto dei diritti e dei doveri. C'è in Grillo una povertà culturale che gli italiani non meritano». Nessuna replica da parte del comico. Dopotutto le forze politiche non sono degne della sua attenzione. «Lasciateli sfogare, son ragazzi...- aveva detto nel pomeriggio durante una conferenza stampa - Non appena rimarranno senza televisioni, senza giornali e senza i poliziotti che sono ormai stanchi di far da scorta a quelli che fanno il burlesque e si iscrivono al Movimento 5 Stelle di nascosto allora saranno costretti a confrontarsi con i cittadini». Lui invece non ha paura di confrontarsi con i cittadini. Anzi, gli piace proprio vestire i panni del capopopolo, dell'eroe senza macchia e senza paura, dell'idolo delle folle. Che lo ascoltano osannanti, anche quando dice cose che fanno rabbrividire.

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