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Cresce la fronda contro Monti Il Cav frena, pensiamo al voto

Silvio Berlusconi

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Al tempo dei tecnici c'è anche chi propone di introdurre la figura dell'appoggio tecnico all'esecutivo. Sembra paradossale ma non lo è. Soprattutto in un momento in cui le tensioni aumentano e i nervi della strana maggioranza che sostiene il Professore sono messi a dura prova. A cavalcare l'insoddisfazione per il sostegno a Monti non sono più solo gli ex An, da sempre contrari a dare il via libera all'insediamento del Professore a palazzo Chigi. Ora nel Pdl c'è anche una fetta di ex Fi che scalpita e chiede un passo indietro del partito (si decide volta per volta se votare i provvedimenti e solo dopo un ufficio di presidenza). Malumore crescente che è emerso alcuni giorni fa durante un vertice allargato nella sede del Pdl in via dell'Umilà. E di fronte al quale il segretario politico Angelino Alfano, ma in primis il presidente Silvio Berlusconi, hanno contrapposto l'impossibilità di sfilarsi dalla maggioranza. Sia il segretario sia il Cavaliere, spiegano fonti pidielline, non ritengono percorribile la strada del cosiddetto «appoggio tecnico», nonostante alcuni malpancisti riferiscono che lo stesso ex premier avrebbe lasciato aperta la porta a una tale eventualità. Ma niente di concreto. Anzi, soltanto un'ipotesi che resta sullo sfondo e a cui i vertici non credono fino in fondo. Altre fonti, invece, spiegano che al contrario segretario e presidente del Pdl hanno chiesto di abbassare i toni, è un errore «scivolare eccessivamente nel dare addosso a Monti». Non possiamo mettere in pericolo la tenuta del governo, è il ragionamento, la situazione è ancora critica, i mercati tornerebbero a segnare rosso, e le riforme finirebbero nel pantano. Del resto, viene ricordato, lo stesso Berlusconi alcuni giorni fa ha garantito al presidente della Repubblica che il Pdl non farà scherzi e continuerà ad essere responsabile. Non solo: le stesse fonti sottolineano come l'ex premier si sia speso in prima persona con Napolitano per confermare la ferma intenzione del suo partito a fare le riforme, sia quelle costituzionali che la legge elettorale. Attendiamo il risultato delle amministrative - ha preso tempo il Cavaliere - e poi facciamo il punto. Ma dietro al freno a mano tirato da Alfano e Berlusconi c'è anche un motivo politico: il voto di domani e lunedì potrebbe tradursi in una debacle (tanto che al momento non è previsto nella sede nazionale del Pdl l'allestimento della sala stampa per attendere i risultati, come da tradizione) e il Pdl non può permettersi di essere additato, proprio in un momento di grande disaffezione e sfiducia verso la politica, come il partito degli irresponsabili, che mandano a gambe all'aria il Paese solo per interesse di parte. Insomma per il Cavaliere, e su questo concorda il segretario, il Pdl - a maggior ragione se le amministrative dovessero andare male - avrebbe tutto da perdere da un ritorno prematuro alle urne che premierebbe invece la sinistra. Tanto più se si considera che con l'attuale legge elettorale per vincere è necessario fare alleanze e il Pdl non riesce a sfondare il muro eretto da Casini né tantomeno a riconquistare un dialogo privilegiato con la Lega (la mano tesa ieri dal Cavaliere è stata rifiutata da Maroni). Inoltre, spiegano alcuni maggiorenti del Pdl, l'ex premier - già preoccupato e «provato» dalla nuova escalation di intercettazioni e inchieste - teme che un cambio di linea da parte del Pdl rispetto all'appoggio a Monti possa solo «inasprire» ancor di più il fuoco di fila nei suoi confronti. Non che Berlusconi stesso sposi appieno l'azione del Professore (troppe tasse e troppo rigore, è l'analisi) e nemmeno sono state gradite le parole di Monti sull'Ici e su Forza Italia. Ma in questo momento bisogna, è la sintesi del ragionamento, fare buon viso a cattivo gioco. Semmai, è la linea espressa ai malpancisti anche da Alfano, facciamo sentire con più forza la nostra voce, agiamo in modo (come avvenuto sulla rateizzazione dell'Imu e, sono certi in via dell'Umiltà, avverrà sul capitolo riforma del lavoro) da «condizionare» con le nostre proposte i provvedimenti dell'esecutivo. Nel vertice di alcuni giorni fa nella sede del partito, alcuni big (tra cui Matteoli e Verdini) hanno non solo chiesto con forza un cambio di rotta e di uscire dalla maggioranza, dando a Monti solo un appoggio «condizionato» (così recuperiamo voti, è la convinzione), ma hanno anche criticato le modalità in cui il partito prende le decisioni. Basta con le riunioni ristrette e i «direttori». O veniamo coinvolti tutti - è stata la richiesta - o nessuno. Da qui la proposta di uscire dalla maggioranza e valutare di volta in volta cosa fare, previa riunione del «parlamentino» del Pdl.

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