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L'ex parà: sparavo e pensavo ai miei figli

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Andrea«Ho temuto per i miei, ma mi dispiace sapere che ci sono altri ragazzi senza padre»

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AndreaPolimadei, 36 anni, due bimbi ancora piccoli, il gioielliere che era in auto insieme al fratello Luca quando sono stati aggrediti dai rapinatori, ricorda i momenti vissuti ieri all'alba quando si è trovato in un incubo dal quale credeva di non poter uscire vivo. Andrea ha fatto il parà. Ieri all'alba ha fatto fuoco contro chi bloccava l'auto davanti a casa per rapinargli la valigetta di preziosi. Dopo la sparatoria è stato ascoltato dagli uomini della Mobile e poi si è fatto medicare in ospedale. Ripercorrendo quei momenti, per lui interminabili e indimenticabili, ha continuato a ripetere di aver avuto un unico pensiero: la famiglia. A che ha pensato in quegli istanti terribili? «Ho temuto che i miei bambini potessero rimanere senza il padre. E questo mi ha dato la forza di reagire al tentativo di rapina». Quando ha capito che cosa stava accadendo? «Appena ho visto quel furgone. È successo tutto in un attimo. Appena ho visto che scendevano e puntavano le pistole contro di me e mio fratello Luca, ho impugnato l'arma e ho fatto fuoco per difendermi». Ha creduto di poter morire? «Sicuramente, pensavo che io e Luca avremmo potuto perdere la vita, che quella gente ci avrebbe ucciso». Come ha trovato la forza e il coraggio di reagire? «È stato l'istinto di sopravvivenza in un ultimo estremo tentativo di scampare alla morte. Non speravo che saremmo riusciti a cavarcela. Sono convinto che ognuno di noi ha un suo destino, e quello mio e di mio fratello non era ancora arrivato. Evidentemente non era il nostro momento». Sparare è stata una reazione istintiva? «Mi sono venuti in mente mia moglie e i miei bambini. Ho pensato a loro tutto il tempo. Ancora adesso mi vengono i brividi al solo ricordo di quello che è successo. Pochi minuti prima di uscire di casa avevo dato un bacio ai miei figli: quel bacio avrebbe potuto essere l'ultimo, avrei potuto non vederli mai più». Uno dei rapinatori ha perso la vita. Che cosa prova? «Mi addolora immaginare che, forse, ci saranno dei figli che non rivedranno più il padre». È rimasto ferito durante la tentata rapina? «I medici mi hanno diagnosticato un trauma cranico, una distorsione alla caviglia e anche numerose contusioni che mi sono procurato nel corso dello scontro con i banditi». Cosa ha fatto, esattamente, per difendersi, per evitare di essere lei a finire in una stanza dell'obitorio? «Ho un ricordo un po' confuso di tutte le fasi dell'aggressione. Credo, però, di aver usato tutte le mie energie per difendere la mia vita e quella di mio fratello, verso il quale ho sempre avuto un atteggiamento molto protettivo. Mi era venuto a prendere perché dovevano andare all'aeroporto per partire per Monaco. Anche l'affetto che provo per lui mi ha dato il coraggio di reagire».

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