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Angelotti preparò la trappola mortale a De Pedis

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Lafine di Angelo Angelotti rispetta in pieno il destino migliore e maledetto di chi passa una vita al lato oscuro. Il curriculm del boss, 61 anni, è nero fitto. Le pagine più buie del suo fascicolo sono quelle che parlano di due fatti di sangue per i quali è stato tirato in ballo: l'omicidio di Enrico De Pedis, delitto che gli appicciato addosso l'antipatica pecetta di «traditore». Renatino è stato ucciso il 2 febbraio '90, mentre con la sua Vespa percorreva contromano via del Pellegrino, a due passi da Campo de' Fiori. I due killer gli sparono diversi colpi al petto e alla testa. Secondo i giudici, Angelotti prese parte a quel piano di morte. Le forze dell'ordine lo catturarono mentre tentava di fuggire in Sud America. Insieme con Marcello Colafigli, il boss di Tor Maracia si impose nei confronti di una frangia dell'organizzazione malavitosa, quella «testaccina», accusata di non aver aiutato gli altri della banda durante il periodo di detenzione in carcere. Ancora, nell'aprile '90 i carabinieri misero le mani su Angelotti braccato da un'altra feroce accusa. Secondo gli investigatori aveva martoriato con 35 coltellate il corpo di Roberto Abbatino, fratello del superpentito Maurizio, trovato sulle sponde del Tevere, nei pressi di Vitinia. Anche il nome di Stefano Pompili, 52 anni, brilla di uno scintillio sinistro. Il suo nome è inchiodato a un fatto di sangue, un'altra morte. Si tratta dell'omicidio dell'orefice di Carlo Barducci, durante un tentivo di rapina il 22 dicembre 1992. Le indagine partirono dall'unica traccia lasciata dai banditi: una borsa di una società di pony express di Roma abbandonata nella gioielleria «Barducci». Ma la svolta arrivò confrontando il risultato delle indagini con la descrizione di uno dei balordi fatta da un testimone di una delle precendenti rapine, secondo il quale l'uomo assomigliava al pittore Van Gogh. Dopo nove ore di camera di consiglio, i giudici della Corte d'assise d'appello di Firenze condannarono Pompili a 23 anni. Nel '98 il malivitoso, originario di Bellegra, un piccolo paese in provincia di Viterbo, fu fermato dai poliziotti del Commissariato Porta Maggiore nei giardini pubblici vicini all'abitazione dell'ex moglie, dove spesso si recava per andare a trovare la figlia. Il terzo del gruppo è Giulio Valente, 44 anni. Nell'aprile 1997 tredici persone, ritenute componenti di una organizzazione criminosa specializzata nelle rapine in banche e uffici postali del Nord Italia, sono state arrestate dagli agenti della Squadra mobile genovese al termine di lunghe indagini. Dei tredici, tutti pregiudicati e residenti a Roma, sei erano già stati catturati il 6 dicembre dell'anno precedente quando fu sventato un tentativo di rapina a un ufficio postale, in via Pozzo a Genova. Il progetto di rapina all'ufficio postale di via del Pozzo fu sventato dagli incvestigatori che seguirono i malviventi il giorno prima del colpo quando fecero un sopralluogo alle Poste e noleggiarono a Roma due automobili da utilizzare per la fuga. Ieri i tre hanno legato le loro sorti, finiti vittime di chi doveva essere il loro bersaglio. sono diventati bersagli ombili di un parà che sapeva sparare quando era militare e ieri ha saputo mirare e premere il grilletto.Fab. Dic.

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