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La parola d'ordine ormai è crescita.

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«Lapriorità dell'azione del governo e del Parlamento non può essere, da questo momento in avanti, che la crescita dell'economia nazionale, da perseguire con assoluta determinazione sia a livello interno che dell'Ue» si legge nel documento. Per tutti è un'urgenza, ma sulle ricette si sta ancora lavorando e al governo, in calo di consensi, arrivano spinte contrapposte. Pdl-Pd-Terzo Polo hanno chiesto di alleggerire le tasse sui redditi da lavoro e sulle imprese utilizzando le risorse che deriveranno dalla revisione della spesa pubblica, «fermo restando l'obiettivo del pareggio di bilancio» e dalla lotta a evasione ed elusione fiscale «ridefinendo, nell'ambito della riforma fiscale, un nuovo patto tra fisco e contribuenti». Il processo della spending review è infatti pronto e il risultato dovrebbe essere presentato dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, nel Consiglio dei ministri di lunedì. Si guarda dunque proprio ai tagli di spesa per contare su risorse che rimettano in moto l'economia ma Giarda da giorni va ripetendo di non attendersi un tesoretto. La maggioranza chiede di valutare l'avvio di un piano straordinario di dismissioni del patrimonio pubblico e di utilizzare per gli obiettivi della strategia Europa 2020 «le risorse, eccedenti rispetto all'obiettivo del pareggio di bilancio». Se il riferimento è il dato dell'avanzo (+0,6% nel 2013 secondo il Def) le risorse a disposizione potrebbero aggirarsi intorno a 8-9 miliardi di euro. Al Senato si preme ancora di più l'acceleratore e si chiedono azioni per la crescita «entro settembre» come prevede l'emendamento di Mario Baldassarri di Fli. Ma il pareggio di bilancio non è proprio un obiettivo scontato: ad esempio per il Ref nel 2013 l'Italia non lo centrerà, in quanto il deficit si attesterà allo 0,8%, oltre il 'close to balancè (0,5%) previsto dal governo nel Documento di Economia e Finanza. Per il centro studi il 2012 sarà «un anno di transizione nel percorso di consolidamento della finanza pubblica italiana». Nella risoluzione si parla anche di fiscal compact. La maggioranza chiede che la ratifica dell'accordo sia accompagnata «dall'impegno per una politica di investimenti finalizzati allo sviluppo dell'impresa e dell'occupazione, allo scopo di ridurre il differenziale di competitività tra i paesi europei». Il sostegno a tale politica, si legge, potrebbe arrivare dai project bond, da specifici strumenti fiscali a livello europeo e dagli stability bond. Per ridurre le spese si propone inoltre di definire, in tempi rapidi, i costi standard per il servizio sanitario nazionale e i livelli essenziali di assistenza nonchè i fabbisogni e i costi standard degli enti locali. Altro punto fondamentale, evidenziato nella risoluzione, riguarda lo sviluppo «non rinviabile» del patrimonio infrastrutturale, sia delle grandi reti transeuropee che degli investimenti in opere pubbliche da parte degli enti locali. Per favorire la realizzazione delle opere «e necessario rivedere il patto di stabilità interno con riferimento alla spesa di conto capitale». Si parla anche di politica della famiglia con l'intento di «fronteggiare la crisi demografica, di arrestare l'aumento della povertà assoluta, di contrastare la disoccupazione giovanile, che ha raggiunto livelli assolutamente intollerabili». Un ruolo centrale avrebbe la Cassa Depositi e Prestiti sia nel piano straordinario di cessione del patrimonio pubblico, sia quale canale per reperire le risorse necessarie alle politiche di investimenti e al pagamento dei debiti pregressi della pubblica amministrazione. «Il Programma Europeo, il cosiddetto growth compact auspicato anche da Draghi, diventa urgentissimo» rilancia il capogruppo del Pdl in Senato, Maurizio Gasparri che sollecita «un cambio di rotta» a cominciare dalla riforma del lavoro. Stefano Fassina, responsabile Economia del Pd, invece attacca. «È positivo che anche il Pdl chieda una netta inversione di rotta. Ma nella primavera 2010 il ministro Tremonti si è impegnato a Bruxelles per il pareggio di bilancio». L.D.P.

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