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Il Pd si compatta per logorare Monti

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Il leader del Partito Democratico Pierluigi Bersani

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Il rituale è sacro. Porte chiuse, perché nei partiti, quelli veri, i panni sporchi si lavano in casa. Lontano da telecamere e taccuini. Peccato che nel 2012 la tecnologia abbia fatto qualche piccolo progresso. Così la direzione nazionale del Pd, l'appuntamento decisivo che avrebbe dovuto porre fine alle discussioni degli ultimi giorni, è stata raccontata in tempo reale su Twitter da molti dei presenti. Ma non vi aspettate sorprese. Alla fine a vincere è l'armonia. E forse non ha tutti i torti chi, a metà mattinata, si chiede perché la riunione non sia stata trasmessa direttamente su Youdem. All'ora di pranzo, infatti, i big del partito sono già intervenuti schierandosi tutti al fianco di Pier Luigi Bersani. Un clima da «libro cuore» (copyright di Massimo D'Alema) che forse dovrebbe preoccupare il segretario. Promossa a pieni voti la sua relazione introduttiva che, alla fine, viene approvata all'unanimità. Non era difficile da prevedere. Bersani punta soprattutto a non gettare altra benzina sul fuoco. Ad abbassare i toni sposando tanto le ragioni di chi è pronto alla guerra in difesa dell'articolo 18, che quelle di chi non vuole in alcun modo mettere in difficoltà il governo Monti. Dalla sua ha il tempo. Le elezioni amministrative si stanno avvicinando e il confronto in Parlamento sulla riforma del mercato del lavoro si svolgerà con una certa «tranquillità». Meglio quindi restare uniti sperando che a implodere sia il Pdl. Il che non significa rinunciare alle proprie parole d'ordine. «Quando diciamo con fermezza le nostre posizioni - spiega - è per aiutare». Un messaggio chiaro al governo che non può permettersi di rinunciare pregiudizialmente al confronto. «Serve una soluzione giusta ed equa - prosegue il leader democratico facendo riferimento al tema del lavoro -. Non siamo interessati a vincere. Bisogna riformare con il consenso perché questo è un elemento che può dare fiducia ai mercati italiani ed internazionali. Il che non significa stare fermi e non cambiare». Dopotutto, aggiunge, «se scioperi e manifestazioni aiutassero, la Grecia avrebbe lo spread a zero». Insomma il Pd lavorerà per modificare le norme sul lavoro e via del Nazareno c'è la certezza che, alla fine, anche l'esecutivo scenderà a patti. In ogni caso Bersani assicura che, non si rischiano crisi o elezioni anticipate. «Non sopravvaluterei le parole di Monti - commenta - le ha ripetute tante volte. Il Paese è prontissimo e lo ha dimostrato. Certo, bisogna che ci si dia una mano. E comunque non ho mai visto nascere e morire governi su incidenti normativi». Certezza o avvertimento al Professore? È lecito chiederselo visto che scavando, il partito appare molto meno compatto di quanto vorrebbe apparire. Basterebbe guardare ciò che sta accadendo sulla legge elettorale. In molti (da Arturo Parisi a Rosy Bindi), bocciano il «compromesso» cui sta lavorando Luciano Violante. Ma l'obiettivo non è lui bensì Massimo D'Alema che, non a caso, chiede di accelerare per chiudere al più presto la partita. Il nuovo attivismo di Baffino è un altro dei problemi con cui Bersani dovrà, prima o poi, fare i conti. Anche se Massimo, ufficialmente predica unità: «Chi prova a spaccare il Pd rischia la fine di Willy il coyote». La domanda nasce spontanea: a chi i panni di Beep beep?

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