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Sfuma il complotto Pd. Intesa per le riforme

Alfano, Bersani e Casini

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Dal complottone per far cadere il governo Monti alle riforme condivise. Sono bastati due giorni per mettere all'angolo il Pd e stabilire un percorso che porterà alla nuova legge elettorale. Si comincerà al Senato. Tra un paio di settimane la riforma costituzionale sarà presentata sotto forma di emendamento soppressivo e interamente sostitutivo del testo già incardinato in Commissione e la riforma del voto come proposta di legge. In serata la soddisfazione dei partiti è evidente e «benedetta» dal Capo dello Stato che ha espresso il suo vivo apprezzamento per l'impegno manifestato dal Pdl, dal Pd e dal Terzo polo a collaborare per avviare senza indugio un insieme di modifiche della Costituzione e la revisione della legge elettorale. «Il processo riformatore è stato avviato positivamente», commenta Bersani. Contento anche Casini: «È stato chiesto alla politica di battere un colpo, lo abbiamo fatto». Alfano non ha dubbi: «Dal vertice arriva un segnale positivo: abbiamo fatto un buon lavoro che può essere foriero di buoni risultati». La giornata era cominciata tra le polemiche. Al centro il «piano» del Pd per far cadere il governo Monti ottenendo un doppio risultato. Da un lato evitare di perdere consensi a causa della riforma del lavoro e, dall'altro, vincere le elezioni anticipate, trovandosi tra l'altro anche a scegliere il prossimo presidente della Repubblica. Ma la tempestiva reazione del premier («Se il Paese non è pronto potremo non restare» ha detto Monti l'altroieri) ha rovinato la festa. Si tratta solo di fantasie, si sono difesi Bersani e Franceschini. «Si avvicinano le Amministrative e si usano toni assolutamente inventati», ha assicurato l'ex coordinatore. Ancora più laconico il segretario: «Non capisco da dove escano queste stupidaggini, certamente non da noi». Ma la trama è più sofisticata. L'ha ripercorsa anche il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto: «Al di là di questioni che ci hanno lasciato perplessi nel corso di questi mesi, tuttavia Monti non ha tutti i torti quando dice che non ha intenzione di farsi cuocere a fuoco lento. Ma è il Pd che ha la responsabilità principale di questa situazione. Infatti è sempre più evidente che Bersani vuole votare a ottobre con questa legge elettorale ritenendo di avere con essa la vittoria in tasca: una legge elettorale giudicata pessima nelle dichiarazioni pubbliche, ma ottima sia per conquistare il potere, sia ai fini interni del Pd. A questo punto, comunque, il Pdl, l'Udc e la Lega devono aprire una seria riflessione perché non possono consegnare per tatticismo o per i loro contrasti il governo del Paese alla sinistra, cioè all'alleanza di Vasto fra il Pd, l'Idv e Sel, cioè al massimalismo sociale e al giustizialismo politico». Dichiarazioni piuttosto efficaci, che hanno fatto esplodere il caso. «A Cicchitto ricordo che se Bersani avesse voluto votare col Porcellum, si poteva andare alle urne già a novembre quando i sondaggi davano, come ora, il Pd primo partito e il Pdl in caduta libera. Invece ha prevalso il senso di responsabilità» ha detto Maurizio Migliavacca del Pd. Tutto «superato» dall'inevitabile intesa sulle riforme tra Pd, Pdl e Udc. Con tanto di impegno del presidente del Senato Renato Schifani a vigilare affinché vengano rispettati i tempi per l'approvazione delle riforme. Anche se restano ancora alcune perplessità. Casini assicura che al vertice «non si è affatto parlato di Rai e lavoro». In realtà, il tema del lavoro è rimasto sullo sfondo ma in alcuni passaggi sarebbero riemerse le differenti posizioni in merito alla riforma Fornero. Tensione nel Pdl. «Trovo alquanto curioso che si dia già per fatto un accordo su materie così importanti ancor prima che siano stati riuniti i massimi organi del partito», avverte il senatore del Pdl Altero Matteoli. Nel centrosinistra spicca il secco no dell'Idv. Massimo Donadi, capogruppo alla Camera del partito, spiega: «La bozza sulla nuova legge elettorale è una truffa».

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