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Emiliano: non si parla delle mie dimissioni

Michele Emiliano

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BARI Due pesi e due misure. Se il Pd a Milano attacca a testa bassa il presidente della Regione Roberto Formigoni per le ultime inchieste chiedendo un passo indietro, a Bari il sindaco Michele Emiliano chiude ogni discorso così: «Non accetto neanche che si possa aprire un dibattito sulle mie dimissioni». Con un intervento di oltre un'ora davanti al consiglio comunale, l'ex magistrato ha respinto al mittente l'invito rivoltogli dal centrodestra di «togliere il disturbo» dopo la bufera giudiziaria che ha travolto il gruppo di costruzioni Degennaro, politicamente vicino al primo cittadino, e impegnato nella realizzazione di numerose opere pubbliche nel capoluogo. Su Twitter Emiliano - appassionato di social network quanto di frutti di mare - è stato irremovibile nel minimizzare ogni addebito: «Non sono neanche indagato rispondo di accettazione impropria di pesce natalizio donato da compagno di partito», ha replicato a un suo sostenitore dopo le critiche ricevute da Bobo Craxi («Se stavi nella Prima Repubblica ti facevano volare dalla finestra. Meglio per te»). Davanti all'assise cittadina Emiliano ha chiesto di valutare questa querelle in maniera «non disumana», puntualizzando che il suo non sarebbe stato «il solito pistolotto». «È incredibile che la faccia di un galantuomo - ha aggiunto debba essere ridicolizzata in questo modo in tutta Italia, su tutti i giornali e su tutti i tg. Dopo aver servito il Paese e messo in palio la mia vita. Non ho mai vissuto per le cose materiali, vivo un'altra dimensione della felicità, che è la gioia di fare il mio dovere al servizio della collettività». La tesi dell'ex promotore della lista civica nazionale è quella di ridimensionare gli «effetti collaterali» dell'inchiesta, che allo stato non ha evidenziato nessun coinvolgimento in reati di componenti della giunta di centrosinistra. Non crede nemmeno al complotto delle toghe per demolirlo: «Nessuno lavora in Procura per preparare trappole. (...) I magistrati hanno salvato l'Italia dalla mafia, dalla corruzione e dal terrorismo, riuscendo a tenere in piedi il paese in momenti delicatissimi». Sulle responsabilità politiche dell'aver fornito una sponda nel Partito democratico al gruppo Degennaro, Emiliano ha contrattaccato mettendo questa azienda - con uno dei titolari, Gerardo, consigliere regionale Pd, agli arresti domiciliari - sullo stesso piano di altre famiglie di imprenditori, schierate nel centrodestra: «I Degennaro sono una grande famiglia in cui tutti fanno politica, come i Matarrese, i Di Cagno Abbrescia, politici per passione, forse per interesse». A chi gli ha rimarcato le riserve sulla disinvoltura imprenditoriale dei Degennaro (all'inizio del suo mandato nel 2004 erano vicina alla Margherita) ha risposto con una domanda: «Dovevo forse lasciarmi andare a ragionamenti lombrosiani?». Sul nuovo filone di indagine dei magistrati riguardante case costruite con fondi pubblici, riservate alle forze dell'ordine ma vendute a privati cittadini, funzionari regionali e comunali dei settori urbanistici e consiglieri comunali del centrosinistra, il sindaco è ancora più diretto: «In questa vicenda non c'è nulla, non c'è nulla. L'importante era colpire me...». Sui banchi della destra, qualche consigliere del Pdl ha indossato una maglietta con scritto «Emiliano dimettiti», e il portavoce dell'opposizione, Ninni Cea, ha corroborato il concetto leggendo passi della celebre lettera con la quale, Giuseppe Di Vittorio, sindacalista Cgil simbolo della lotta contro lo sfruttamento dei braccianti, rispediva al Conte Stefano Pavoncelli un dono, spiegando il gesto con la necessità in politica di professare non solo «l'intima coscienza della propria onesta», ma anche «l'onestà esteriore». Ieri ci sono stati gli interrogatori di garanzia degli arrestati nell'inchiesta, davanti al gip Michele Parisi. Gerardo Degennaro, amministratore della Dec costruzioni, ha negato episodi di corruzione: «Non sono un tecnico, non mi occupo di questi aspetti degli appalti». Dai documenti riscontrati dalla Guardia di Finanza, intanto, emergerebbe una contabilità aziendale parallela, con un fondo di tre milioni e duecentomila euro utilizzati per stipendi pagati in nero. Infine gli eurodeputati del Pdl, Sergio Silvestris e Raffaele Baldassarre, con una interrogazione alla Commissione europea hanno chiesto «un'inchiesta dell'Ue per verificare utilizzi impropri di fondi regionali (Por) nella realizzazione del centro direzionale di Bari San Paolo», opera pubblica realizzata dal gruppo Degennaro con fondi comunitari, sulla quale si è soffermato il lavoro della magistratura barese.

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