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La riforma del lavoro messa a punto dal governo Monti non piace alla Cgil, ma neanche ai vescovi italiani che con modi e toni diversi, anche al proprio interno, la criticano.

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«Lasituazione del mondo del lavoro costituisce un assillo costante dei vescovi - spiega misurando accuratamente le parole -. La dignità della persona passa per il lavoro riconosciuto nella sua valenza sociale. La Conferenza Episcopale Italiana segue con attenzione le trattative in corso, confidando nel contributo responsabile di tutte le parti in campo, al fine di raggiungere una soluzione, la più ampiamente condivisa». Insomma, sarebbe sbagliato procedere su una strada che porterà inevitabilmente ad una spaccatura profonda nel mondo sindacale e in quello politico. Meglio rallentare e cercare di correggere il tiro prima che sia troppo tardi. Ben più scoppiettante, invece, l'intervista che monsignor Giancarlo Bregantini, presidente della commissione Lavoro della Cei, rilascia a Famiglia Cristiana. «Bisogna chiedersi, davanti alla questione dei licenziamenti, chiamati elegantemente, con un eufemismo, "flessibilità in uscita" - esordisce -, se il lavoratore è persona o merce. È la grande istanza dell'enciclica sociale Rerum Novarum. La questione di fondo. Il lavoratore non è una merce. Non lo si può trattare come un prodotto da dismettere, da eliminare per motivi di bilancio, perché resta invenduto in magazzino. È un po' come nella questione della domenica derubricata a giorno lavorativo. In politica ormai l'aspetto tecnico sta diventando prevalente sull'aspetto etico». Bregantini trova il modo di infilare nella polemica anche Silvio Berlusconi: «Se con Berlusconi la questione centrale era legata al profitto, oggi c'è l'aspetto tecnico che domina ogni questione politica. Ma alla fine tra profitto e aspetto tecnico si crea una sintonia eccessiva. L'aspetto etico nella politica è necessario. E invece non è più tenuto in considerazione». Ma è solo un rapido passaggio. Giusto un accenno ed eccolo tornare all'attacco della riforma: «La modalità con cui è ipotizzato il licenziamento economico potrebbe rivelarsi infausta. Nemmeno il giudice può intervenire è facilissimo che si arrivi in tutto il Paese a un clima di paura generalizzata. Una siepe protettiva sui licenziamenti economici bisognava metterla. Rivolgo un appello a livello parlamentare e a livello di riflessione culturale perché si possa creare una rete di diritti e di protezioni più solida». Insomma anche Bregantini, come Pompili, chiede all'esecutivo di tornare sui propri passi che, fino ad ora, sono stati un po' "affrettati". «Ci voleva un po' più di tempo per mettere in atto una riforma così importante - sottolinea il presidente della Commissione Lavoro -. Non era necessaria questa fretta così evidente. La questione è chiusa, è stato detto da parte del premier Mario Monti. Si poteva dire: la questione è posta, ora dialoghiamo, nelle fabbriche, negli uffici, in Parlamento, nella società civile, ovunque perché il lavoro è il tema cruciale del nostro Paese». Infine un inaspettato "spot" pro-Cgil: «Lasciare fuori la Cgil sarebbe una perdita di speranza notevole, un grave errore. Un fatto che viene quasi dato come scontato, quasi che il primo sindacato italiano per numero di iscritti non sia una cosa preziosa per una riforma del lavoro. Dietro questa fetta di sindacato c'è tutto un mondo importante, cruciale, da coinvolgere per camminare verso il futuro. Altrimenti c'è il rischio che questa parte sociale, con i suoi milioni di iscritti, resti disillusa, arrabbiata, ripiegata su atteggiamenti difensivi, su un passato che non c'è più». Le parole di Bregantini e della Cei vengono ovviamente accolte con grande entusiasmo da chi si batte senza mezzi termini contro la riforma. E poco importa che in gran parte siano gli stessi che, normalmente, tuonano contro la Chiesa che si ingerisce negli affari dello Stato. Dall'Idv a Rifondazione comunista è un profluvio di inviti rivolti al governo affinché ascolti la voce dei vescovi italiani. Anche l'ala più critica del Pd coglie la palla al balzo. «Grazie a monsignor Bregantini per aver ricordato a tutti noi che il lavoratore non è una merce - commenta Rosy Bindi - e che le riforme richiedono tempo e l'accordo di tutti».Nic. Imb.

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