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La Cgil boccia la norma Monti: avanti lo stesso

La leader della Cgil Susanna Camusso

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La Cgil non ci sta. Ma il no della Camusso non condizionerà il governo. Monti va avanti lo stesso incassando il consenso di massima di Cisl e Uil e della Confindustria anche se con diversi distinguo. «Sull'articolo 18 non si tratta più, il testo è chiuso» ha detto tranchant Monti sottolineando che la soluzione «è ampiamente condivisa». Oggi si lavorerà alle limature, domani ci sarà l'incontro finale con le parti sociali, poi la riforma sarà trasmessa al Parlamento probabilmente con lo strumento della legge delega. L'esito della trattativa sulla riforma del lavoro ha un esito insolito. Non ci sarà un accordo firmato tra governo e parti sociali, ha spiegato il premier marcando la distanza con la vecchia «cultura consociativa che nel passato ha privilegiato le intese, scaricandone il costo sulla collettività». Le parti sociali sono state «consultate ma l'interlocutore principale del governo è il Parlamento». Il che significa che «nessuno ha il potere di veto». Monti ha quindi comunicato di aver informato il presidente Napolitano del buon esito della trattativa. Il ministro del lavoro Elsa Fornero ha spiegato che «l'obiettivo finale è più occupazione e meno disoccupazione strutturale che significa riduzione del precariato». Ha precisato che la modifica dell'articolo 18 non significa «smantellare le tutele ma rendere meno blindato il contratto subordinato a tempo indeterminato». A questo punto, ha incalzato Monti, le imprese «non avranno più una situazione oggettiva o un alibi per non investire». La Fornero ha anche rivelato che sull'articolo 18 «qualcuno voleva di più»; ovvero reintegro solo in caso di discriminazione e indennizzo, probabilmente alludendo alle richieste della Confindustria. «Ma sarebbe stato troppo». Dura la reazione della Cgil: «Faremo di tutto per contrastare la riforma del mercato del lavoro. La Cgil farà le mobilitazioni necessarie e non sarà una cosa di breve periodo» ha tuonato il segretario generale, Susanna Camusso. Quella sull'articolo 18 «è una proposta squilibrata sulla quale il governo ha chiesto un pronunciamento unico» e che di fatto «fa venir meno l'effetto dell'articolo 18». Alcune fonti riferiscono che la Camusso avrebbe detto che non finisce qui, si aprirà da qui in avanti una fase di forte dissenso nel Paese di fronte alla quale sarebbe meglio non rompere con la maggiore organizzazione confederale. E ora «siamo nella stagione in cui dobbiamo decidere la mobilitazione». Ma forse il ministro Fornero si aspettava il no di Camusso tant'è che parlando ai giornalisti a fine vertice, ha sottolineato che «l'articolo 18 per la Cgil ha un valore simbolico che va rispettato». Consenso da parte degli altri sindacati e dalla Confindustria. «La Cisl si assume la responsabilità sulla riforma per non lasciare solo il Governo a decidere così come ha fatto sulla questione delle pensioni» afferma il segretario generale Raffaele Bonanni e sottolinea che «la capacità di deterrenza dell'articolo 18 rimane integra». E poi: «Spero che non si ritorni a un clima teso che già abbiamo conosciuto in tempi precedenti». Valutazione positiva anche da Rete Imprese Italia che però giudica «eccessive» le 27 mensilità di indennizzo per i licenziamenti economici e chiede inoltre di non estendere l'articolo 18 anche alle piccole e medie imprese. Il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, pur esprimendo un giudizio positivo ha detto che «servono delle modifiche». Adesione complessiva dalla Confindustria anche se il presidente Marcegaglia ha sottolineato che «le ipotesi di indennizzo sono troppo alte. Se vogliamo fare riferimento all'Europa, in Germania ad esempio siamo attorno ai 18 mesi». Marcegaglia incalza la Cgil: «Avremmo auspicato l'adesione della Cgil. Ora però ci aspettiamo che un grande sindacato dimostri senso di responsabilità in un momento come questo». Sin dal mattino, nonostante la moral suasion esercitata dal Capo dello Stato Napolitano, è stato chiaro che la Cgil non avrebbe firmato un documento che prevedeva lo smantellamento dell'articolo 18. Dopo una serie di riunioni informali tra i leader sindacali e poi di questi con il ministro Fornero, la Cgil ha riunito la segreteria facendo trapelare che l'atteggiamento di Corso Italia era di ostilità al documento governativo. «L'obiettivo del Governo è quello dei licenziamenti facili, non di un accordo positivo per il lavoro» erano le voci che uscivano dall'animata riunione della Cgil. Intanto la Fiom metteva in fibrillazione le fabbriche da Torino a Palermo con uno sciopero di due ore e assemblee. È con questo clima incandescente che è iniziato il vertice a Palazzo Chigi preceduto da una serie di faccia a faccia tra Monti e i singoli leader sindacali. Quando il ministro Fornero ha cominciato ad illustrare i punti della riforma, a partire dalla revsione dell'articolo 18, la Cgil ha ribadito la sua contrarietà. Per evitare la rottura totale ecco quindi che Monti ha tirato fuori dal cilindro la formula della verbalizzazione delle posizioni attorno al tavolo. E poi: «Il Parlamento resta l'interlocutore principale» ha sottolineato.

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