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Anche la Tv delle donne ormai non funziona più

Dario Bignardi

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Modesta proposta come rimedio alla crisi di ascolti dell'informazione: programma, in prima serata, titolo Mari & Monti, dove i mari sono quelli che circondano la nostra penisola e Monti è il presidente del Consiglio, il bagnino del Paese alle prese con il rischio di annegamento nella crisi. Un format nuovo, con all'interno un tele-giro, variazione sul tema del cantagiro, per trovare in su e in giù per l'Italia uomini e donne che abbiano qualcosa di interessante da dire su quel che accade. Per non avere le solite facce dentro al televisore. Che a guardare l'Auditel, ormai non tirano più. Persino la tv delle "donne", quelle impegnate, è diventata una tv da 4 per cento (ad essere ottimisti). Sabato su La7, in prime time, il programma di Serena Dandini, The show must go off, ha messo insieme un 1,99% di share mentre venerdì 9 marzo, sempre su La7, Le invasioni barbariche di Daria Bignardi hanno fatto il 3,25 e su Rai 3 Robinson condotto da Luisella Costamagna si è fermato al 3,7. Dati che fanno statistica e confermano la flessione che tocca il genere talk e l'informazione, persino i Tg seppur in maniera più lieve. Certo, i faccia a faccia come quello tra la Costamagna e l'ex ministro Mara Carfagna, a Robinson, incarnano un'idea di tv in bianco e nero mentre il mondo gira a colori ma l'effetto vintage riguarda oggi la maggior parte dei programmi, rivolti al passato anziché al presente ed al futuro. L'informazione televisiva nel 2012 ha bisogno di cambiare, di sperimentare, di cercare nuovi generi e nuovi protagonisti della realtà, che vadano oltre le maschere da commedia dell'arte a cui siamo abituati. Col governo dei tecnici, vissuto dagli italiani come un antibiotico necessario a guarire dallo spread, la politica è un palliativo. Lo dimostra il grande ritorno del nazionalpopolare, dalle fiction tv come il giovane Montalbano, agli ascolti di Sanremo passando per il successo di Italia's got talent su Canale 5. Un nazionalpopolare reso ancor più di successo dalla mancanza di coraggio che attraversa l'informazione. Un test: prendete i nomi dei principali ospiti nei talk nell'arco di una settimana e vi accorgerete che ne circolano una trenta-quarantina, i soliti, con pochi slanci di fantasia. Perché la tele-informazione è rimasta alla soap della II Repubblica mentre la storia e gli attori stanno cambiando. Un peccato, dato che il momento di trasformazione del media tv, con l'espansione del digitale, il web, il satellite, rende l'epoca che stiamo vivendo ideale per le innovazioni dei contenuti. Guardando la storia della televisione non si può fare a meno di notare come le mutazioni tecnologiche abbiano sempre coinciso con cambiamenti, sperimentazioni ed innovazioni. Un esempio: l'esplosione delle tv locali e private, (il periodo che Giancarlo Dotto e Sandro Piccinini hanno ribattezzato del mucchio selvaggio, titolo del loro libro) coincise con una liberalizzazioni dei costumi, di ricerca, con la nascita di nuovi personaggi. Certo, cambiare è difficile e costa fatica. Nel 1976, per dire delle difficoltà, Gianfranco Funari si presentò in Rai con il progetto di A bocca aperta e si sentì dire: «Sei proprio uno scemo se pensi di fare tv con gli spazzini e le casalinghe. Ripassa nel Duemila». Nel 1984 A bocca aperta era su Rai 2. Perché in tv il futuro è sempre più vicino di quanto si creda. Basta cercarlo.

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