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Alfano a Monti: leali con la schiena dritta

Il segretario del Pdl Angelino Alfano (S) e il premier Mario Monti (D)

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Da una parte l'orgoglio di Angelino Alfano che rivendica le ragioni «politiche» del no al vertice di mercoledì con Mario Monti, dall'altra il partito che non ha digerito affatto, nonostante le scuse, quel «questa politica fa schifo. E sullo sfondo Berlusconi che, invitato dall'amico Putin, si defila per evitare di mettere in difficoltà il segretario. Il Pdl si «agita» tra questi problemi e si interroga sullo strada da seguire in vista delle prossime elezioni politiche. «Noi siamo leali a Monti, ma con la schiena dritta», ha spiegato ieri Angelino Alfano intervenendo a Orvieto alla scuola di formazione politica del partito. L'ex Guardasigilli ha tenuto il punto («Niente giochi di palazzo, noi parliamo solo al popolo, la priorità sono i temi economici») e ha sfidato Udc e Pd sulla giustizia, proponendo una «grande sessione» per parlare di ddl anticorruzione, intercettazioni e giusto processo: «Non ci facciamo dettare l'agenda dagli altri, se vogliamo parlare di giustizia lo facciamo a viso aperto». Il segretario sa che il momento è delicato e che il Pdl sta attraversando una fase di transizione con alle porte un appuntamento rischioso, le elezioni di maggio, per la tenuta della macchina organizzativa. Per questo ha ribadito la necessità di ricucire lo strappo con la Lega al Nord e ha lanciato un messaggio rassicurante alla base azzurra, provando a caricare i suoi: «Siamo in crescita, le amministrative non ci impressionano, sono fiducioso che gli italiani voteranno noi anche alle politiche, di fronte al caravanserraglio della sinistra».   Intanto, tutti si attendono un segnale di svolta dal Cav: l'ex premier è atteso nella città umbra domani mattina, ma la sua presenza resta ancora fortemente in bilico (tornerà stasera a Milano dopo la visita in Russia). Programma alla mano, dopo una tavola rotonda dedicata al ruolo degli enti locali nella riforma dello Stato, sono previste la replica finale di Alfano e il «discorso conclusivo» del Cavaliere. Ma secondo alcune fonti, l'ex presidente del Consiglio potrebbe evitare di venire per non «rubare» la scena al suo «delfino» proprio al termine della tre giorni di Orvieto. Ad animare la discussione nel partito c'è però anche lo scontro con il ministro Andrea Riccardi. Quel suo dirsi «schifato» da una certa politica aveva già suscitato le reazioni del Pdl che ne aveva chiesto le dimissioni, mentre Pd e Terzo Polo lo avevano difeso. E non sono bastate le scuse e il silenzio che si è imposto ieri per non alimentare polemiche («non vorrei parlar ancora del non parlato») e riportare il sereno.   Nel gruppo del Pdl del Senato, infatti, è scoppiata la rivolta. L'ex Guardasigilli Francesco Nitto Palma, in mattinata ha raccolto, in breve tempo, le firme di 43 senatori in calce ad una lettera al capogruppo Maurizio Gasparri e al vicecapogruppo Gaetano Quagliariello dove chiede, insieme ai senatori Luigi Compagna e Bruno Alicata di presentare una mozione di sfiducia individuale per cacciare il ministro. «All'indomani di esternazioni del ministro Riccardi a dir poco scomposte e sguaiate, ci sembra – sostengono i firmatari – che il ricorso alla mozione individuale di sfiducia nei suoi confronti sia diventato gesto necessario ed urgente». «Può darsi – conclude la missiva – che lo strumento regolamentare sia discutibile, può darsi che le scuse del ministro Riccardi siano apprezzabili, ma per evitare che un governo del quale faccia parte il professore in oggetto abbia la nostra fiducia ci è parso imprescindibile puntare su un'iniziativa ad hoc del nostro gruppo». «È una lettera non una mozione. La questione è delicata la valuteremo con Alfano e lo stato maggiore del partito, non c'è un automatismo» si è affrettato a dire, nel pomeriggio, Maurizio Gasparri da Orvieto. «Credo che se ci siano spazi per il chiarimento e sia meglio che andare allo scontro» ha sostenuto il capogruppo del Pdl che, insieme a Gaetano Quagliariello, ha cercato di far rientrare l'iniziativa della mozione di sfiducia che sarebbe dirompente per gli equilibri di governo. La rivolta, però, ha innescato le polemiche di Pd e Terzo Polo che hanno fatto quadrato intorno al ministro e in difesa del governo ritenendo che Riccardi sia solo il «parafulmine di un nervosismo contro Monti». «Non è assolutamente in discussione la fiducia e la lealtà verso il governo Monti» ha precisato Nitto Palma mentre nello stesso Pdl esponenti come Eugenia Roccella, Giuliano Cazzola, Ferruccio Saro hanno chiesto di soprassedere sulla mozione in nome della «stabilità di governo».

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