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Clini ribadisce la linea della fermezza: l'opera serve

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Dopoil richiamo del premier Mario Monti venerdì ieri è stato il ministro dell'Ambiente Corrado Clini ad entrare nel merito della vicenda Tav. Cercando di contestare in maniera puntuale alcune delle obiezioni di chi è contrario all'opera. «Non ci sono ragioni ambientali all'origine della protesta - ha detto parlando a Trieste -. Il tracciato, drasticamente modificato rispetto alla versione originale soprattutto grazie ai suggerimenti e alle pressioni delle popolazioni, tiene conto in maniera puntuale, quasi ossessiva, di tutte le precauzioni ambientali che erano state indicate per evitare un impatto ambientale negativo». Quindi ha ricordato che «i due Comuni che sono coinvolti dal tracciato, Susa e Chiomonte, sono d'accordo con l'opera». E ha aggiunto che è «un falso la storia per cui oggi l'opera sarebbe non più utile dal punto di vista del sistema delle comunicazioni». I dati del traffico merci sull'asse in questione, ha spiegato, «sono crollati per due ordini di motivi: per quello che è avvenuto in questi anni in Val Susa e perché la galleria attuale, del 1857, è conformata in maniera tale da non consentire il trasporto dei Tir. Perciò è stata risagomata, e assoggettata a una procedura di gestione che ha previsto il senso unico alternato: questo ha determinato il crollo del trasporto delle merci con i container». Spiegazioni che convincono Roberto Menia di Fli: «Le parole di Clini fanno chiarezza in modo definitivo». Ma che il presidente dei Verdi Angelo Bonelli rispedisce al mittente: «Il ministro non conosce gli atti del suo ministero». Intanto il Pd, in un vertice a Torino, conferma il pieno sostegno alla linea Monti esprimendo «preoccupazione per la violenza e l'illegalità diffusa che si sono manifestate in questi giorni», ma i senatori Democratici Roberto Della Seta e Francesco Ferrante rivendicano il diritto al dissenso. Sul fronte sindacale, sfumature diverse nelle dichiarazioni dei leader. Per Susanna Camusso della Cgil «il dialogo è essenziale in tutte le situazioni», e anche Raffaele Bonanni della Cisl difende la scelta di «discutere con la popolazione e le realtà non violente» ma poi aggiunge che «accettare diktat da parte dei violenti è sbagliato ed è‚ sbagliato accettare i diktat da parte di chi non vuole l'opera». Più netto Luigi Angeletti della Uil: l'Italia «ha bisogno di quell'opera».

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