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Ci voleva quest'addio per ridare la parola ai signori del Palazzo

Lucio Dalla con Giorgio Napolitano

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Ci voleva la musica che se ne va via, ci voleva la scomparsa di un grande artista e cantante come Lucio Dalla, per far tornare la favella alla politica, da tempo ventriloqua dinnanzi alla tecnica che governa e si prende la scena, comprese tutte le parole. Saranno state le frasi del messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Lucio Dalla, "un autore e voce forte e originale che ha contribuito a rinnovare e a promuovere la canzone italiana nel mondo" a scuoterla, chi lo sa.  Circa nove anni fa, il 4 novembre del 2003 - in occasione del Giorno dell'Unità nazionale - un altro Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, si occupò di Dalla, per insignirlo "motu proprio" di una onorificenza dell'Ordine al merito della Repubblica italiana per il lavoro svolto nella musica. Altri tempi, soprattutto per la nostra politica, allora assai loquace e protagonista. Politica che ieri è tornata a parlare. Per Lucio Dalla. Pier Luigi Bersani, leader del Pd: "Scompare con lui un poeta e un grande innovatore. Nelle sue cose migliori ha dato una profondità alla musica che si dice 'leggera' ma nelle sue corde non era poi così leggera". Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, su Facebook. "Lucio Dalla. Ovvero: cantar di poesia, di personaggi e di storie. Ha attraversato gli acuti della vita con anticonformismo, talento e originalità". Rosy Bindi, presidente del Partito democratico: "Lucio Dalla ci ha aiutato a sentire e capire il nostro tempo con l'immediatezza e la profondità che solo la musica unita alla poesia può dare. Ci lascia un artista vero, umanissimo nella sua forza e nelle sue fragilità. Il suo spirito libero che continuerà a cantare nei nostri cuori". Anna Maria Bernini, portavoce nazionale Popolo della libertà: "Un uomo di rara sensibilità, eclettico sperimentatore, pioniere e pirata di felici arrembaggi nei diversi generi musicali e di intrattenimento. Le sue melodie, le parole, i titoli, hanno accompagnato e raccontato, a modo suo, un'epoca, affidando alla poesia lo spirito di un tempo talvolta molto prosaico. Se ne va oggi un grande italiano, un grande emiliano, un amico, ironico e sincero affabulatore della nostra terra e delle nostre storie". Romano Prodi, ex premier. "Ho goduto della sua amicizia e del suo affetto in questi anni bolognesi. Insieme abbiamo condiviso l'amore per Bologna, la città che per Lucio ha rappresentato, come per me, il luogo degli affetti e dell'accoglienza. La sua straordinaria creatività artistica ha arricchito tutti, sempre". Pure la Lega lo ha ricordato e per il senatore Gianvittore Vaccari "Lucio Dalla è stato e resterà un punto di riferimento importante della nostra canzone". Terra di campanili dai tempi dei guelfi e dei ghibellini non ci siamo fatti mancare neppure la geografia su Dalla ed il suo amore per l'Italia. Per Stefano Caldoro (Pdl), presidente regione Campania, "con Lucio scompare uno dei più grandi cantautori del nostro Paese. Un bolognese che amava Napoli e la Campania". Caldoro ricorda il "profondo legame" dell'artista "con la musica classica napoletana, con la tradizione partenopea, e con alcune suggestive località come la penisola sorrentina, la costiera amalfitana e le isole del golfo". Da Napoli su, sino a Milano, ecco il memento nordista di Giuliano Pisapia, sindaco di sinistra del capoluogo lombardo: "Dalla è stato molto legato a Milano, alla nostra città ha dedicato una delle sue più belle canzoni, cogliendone le più diverse sfaccettature. La sua musica, le sue parole, non ci abbandoneranno e lavoreremo perché i giovani possano continuare ad apprezzare la sua arte". E pensare che lui, Lucio, qualche anno fa aveva detto: "I politici al mio funerale? Una buona ragione per non morire". Fanno quasi tenerezza questi politici presi a parlare di Dalla. In fondo, due strofe di una bella canzone restano sempre perché in quei testi ed in quei motivi prendono corpo le emozioni. Si musica l'essere uomini. In questi mesi, dove la crisi della politica è tanta e tale da non credere più a nulla, dove le ideologie sono evaporate, assieme agli «ismi» ed alle fedi, ecco che la politica si aggrappa alla musica. Al ricordo di un grande artista. Un modo, forse, per darsi forza ed uscire dal mutismo. Perché l'arte è tanto grande e la vita è così breve che pure la politica, seppur malandata e sfatta, se ne accorge.

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