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Non basta solo vincere

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Silvio Berlusconi

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Le regole del gioco sono cambiate. Più passa il tempo e più emerge un fatto: il passo indietro di Silvio Berlusconi è stato un passo avanti. Per il governo, i partiti, la «pax parlamentare» e per lo stesso Cavaliere la cui apertura a un governo di larghe intese, guidato ancora dal Professore, dopo le elezioni politiche del 2013, non mi sorprende neanche un po'. Da molte settimane su questo giornale sosteniamo una linea che parte dalla collaborazione Pdl-Pd-Udc sulle riforme (prima fra tutte quella elettorale) e si concretizza con un esecutivo che ha come scopo quello di completare la transizione e dare all'Italia una nuova architettura istituzionale. Chi vede in questa strategia «l'inciucio» o la «grande ammucchiata» non ha capito granché di quel che sta accadendo: i partiti sono ridotti al lumicino, il loro consenso nel Paese è in caduta verticale e il vento dell'antipolitica soffia fortissimo. Berlusconi il problema l'ha colto bene e non a caso ieri ha pronunciato questa frase: «La democrazia si concretizza nei partiti», echeggiando inconsapevolmente un libro scritto anni fa per le edizioni de Il Mulino dal professor Pietro Scoppola intitolato appunto «La repubblica dei partiti». La sortita dell'ex premier insospettisce gli anti-berlusconiani in servizio permanente effettivo. Il loro riflesso pavloviano è che qualsiasi cosa provenga dal Cav - anche se è saggia - nasconde un trabocchetto. È il modo di ragionare di chi continua a camminare voltandosi indietro ed è destinato a finire fuori strada. Pier Luigi Bersani sembra ancora vittima di questa sindrome, perché la sua risposta all'idea di Berlusconi («il partito unico non esiste in natura») è politicamente primitiva e del tutto fuori contesto. Al posto di Bersani inforcherei gli occhiali e leggerei con molta attenzione il commento di Pier Ferdinando Casini: «Penso che una larga coalizione non sia solo la necessità di oggi ma anche di domani». Si tratta di una risposta pronta e intelligente, quella che avrebbe dovuto dare un segretario di un partito importante come il Pd. Non è arrivata, perché Bersani pensa di avere Palazzo Chigi in tasca nel 2013. Illusione: domani potrà anche vincere le elezioni, ma poi non riuscirà a governare il Paese. È finita un'epoca, rassegnatevi.  

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