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Le banche vanno in aiuto delle imprese

Giuseppe Mussari

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Banche italiane in soccorso delle imprese. Viene sottoscritto oggi il nuovo accordo che avvia una seconda moratoria dei crediti alle aziende italiane. Che potranno allungare i tempi di pagamento di mutui e linee di credito concesse dal sistema bancario. A sottoscrivere il documento saranno l'Abi, l'associazione bancaria italiana e le associazioni che rappresentano il mondo delle imprese. I precedenti accordi siglati a partire dal 2009 hanno consentito di lasciare a circa 260mila imprese 15 miliardi di liquidità a disposizione dell'economia reale. Caro Direttore, Oggi le banche italiane firmano con tutte le associazioni di imprese una nuovo accordo per sospendere i mutui in essere e creare le migliori condizioni perché si superi la nuova fase recessiva. Si tratta dell'ennesima, tangibile, prova della presenza in Italia di un'industria bancaria pro-attiva, dinamica, che ha a cura l'interesse generale. Dal 2007 al 2011 i contribuenti europei hanno speso 2 mila miliardi di euro per salvare le banche, l'equivalente del nostro debito pubblico. In Italia non è stato speso un euro, grazie al nostro prudente modello di banca commerciale e all'attenta azione di vigilanza svolta dalla Banca d'Italia. Se altrove gli Stati hanno salvato le banche, in Italia le banche, diverse per dimensioni e forma giuridica, forti dei loro tradizionali e saldi legami con famiglie ed imprese, hanno evitato il collasso del debito pubblico. Di ciò l'Italia deve essere orgogliosa. Da quando la grande crisi finanziaria si è tramutata nella più profonda recessione del dopoguerra le banche italiane hanno profuso le proprie risorse ed energie per porre in essere interventi concreti a sostegno di imprese e famiglie. Lo hanno fatto con l'avviso comune a favore delle piccole e medie imprese del 2009, con il Piano per le famiglie, con i tanti accordi siglati (BEI, Cassa depositi e prestiti, Sace, ecc.) per mettere a disposizione dell'economia risorse finanziarie alle migliori condizioni possibili. Lo hanno fatto con la Conferenza Episcopale Italiana per sostenere le famiglie più indigenti. Lo hanno fatto con le associazioni dei consumatori con il progetto trasparenza semplice. Queste azioni hanno avuto successo: hanno liberato oltre 15 miliardi di liquidità, hanno aiutato 260.000 imprese e 55.000 famiglie, consentendo un'espansione del credito molto sostenuta se confrontata con gli andamenti cedenti dei consumi, delle esportazioni, degli investimenti, del valore aggiunto industriale, e ancor di più se confrontata con le dinamiche dell'Euro zona. Rimanere fedeli ad un modello di attività imperniato sui prestiti all'economia reale non è stato privo di costi. Le banche stanno pagando un conto molto alto in termini di un evidente peggioramento della qualità dei crediti e di un aumento delle perdite sugli stessi, pur mantenendo intatta la propria solidità. Chiediamo alle autorità, al Paese intero, di valutare quanto è accaduto, e, nello stesso tempo, di essere messi in condizioni di continuare a fare il nostro mestiere. Rivendichiamo in primo luogo di essere imprese tra le imprese. Come le altre imprese sentiamo la morsa della recessione in termini di minore domanda di finanziamenti, di riduzione del merito di credito della clientela, di riduzione dei ricavi, di aumento dei costi di produzione. Un credito buono e a buone condizioni richiede banche ben patrimonializzate. Credito aggiuntivo richiede patrimonio aggiuntivo. Solo una giusta redditività delle banche permette di generare nuovo patrimonio, attrarre nuovi capitali privati, salvaguardare l'occupazione. Negli ultimi anni regolamentazioni sui prezzi, fiscalità, peggioramento della qualità del credito hanno penalizzato la redditività delle banche in Italia più che in ogni altro paese europeo. E con essa hanno penalizzato un milione circa di famiglie italiane che hanno investito i propri risparmi nelle azioni di banche italiane e nella loro natura privata. Si scorge oggi un recupero di fiducia anche grazie alle meritorie azioni avviate dal Governo sul fronte del consolidamento dei conti pubblici. Ci auguriamo che tali azioni siano rafforzate con misure a favore della crescita e una riforma del mercato del lavoro equa ed incisiva. Le banche italiane sono a favore delle liberalizzazioni ma queste non possono tradursi in imposizione dirigistica di vincoli, prezzi, tariffe, nella richiesta di erogazione gratuita di servizi, come oggi purtroppo accade. E solo nei confronti dell'industria bancaria. Nel mentre indichiamo all'attenzione del Paese l'importanza del nuovo accordo, concreta nuova dimostrazione di volontà e cooperazione, chiediamo a Governo, Parlamento, Autorità di vigilanza e supervisione di riflettere sul delicato momento che attraversiamo e di agire coerentemente. A queste Istituzioni chiediamo anche un forte impegno in Europa affinché le scelte regolamentari compiute in quelle sedi tengano adeguatamente conto del nostro modello virtuoso di attività e non ne riducano la capacità di sostenere l'economia reale con misure incoerenti, specie nell'attuale congiuntura. Le banche italiane hanno scelto un modello di attività per l'economia reale che ha fatto crescere il Paese garantendo al contempo la massima tutela di chi ogni giorno ci dà fiducia depositando i suoi risparmi. Le banche italiane vogliono continuare a svolgere, da imprese private, un ruolo importante per l'economia reale e chiedono con forza che vengano mantenute tutte le condizioni affinché questo tratto genetico di fare banca possa continuare, anche nei prossimi anni, a esplicare pienamente i suoi effetti nell'interesse delle famiglie e delle imprese di questo Paese.     Alessandro Azzi - Presidente Federazione delle Banche di Credito Cooperativo Giuseppe Mussari - Presidente Associazione Bancaria Italiana Carlo Fratta Pasini - Presidente Associazione Nazionale fra le banche Popolari Antonio Patuelli - Presidente Banche ACRI Camillo Venesio - Presidente Associazione Banche Private Italiane

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