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Italiani pagati la metà dei tedeschi

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Tartassati dal fisco e con buste paga tra le più basse dell'Eurozona. Le eminenti statistiche europee hanno informato ieri i lavoratori italiani di una realtà già conosciuta ogni 27 del mese, giorno simbolo del ritiro del cedolino in azienda. La conferma ufficiale della leggerezza dei salari in Italia l'ha data Eurostat, l'ufficio statistico europeo, che ha rilevato come il Paese risulta tra i paesi con le retribuzioni lorde annue più basse. La classifica fa riferimento a dati del 2009, dunque non tiene conto ancora della crisi degli spread dei titoli italiani e la conseguente recessione, ma la Penisola si piazza comunque al dodicesimo posto nell'area euro. Con Irlanda, Grecia, Spagna e Cipro che in termini assoluti fanno meglio. Soprattutto il valore dello stipendio annuo per un lavoratore di un'azienda dell'industria o dei servizi (con almeno 10 dipendenti) è pari a 23.406 euro, ovvero la metà di quanto si guadagna in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100). Anche guardando ai cosiddetti Pigs, l'Italia riesce a superare solo il Portogallo (17.129). Un capitolo a parte è però quello relativo alla Grecia, investita dalla crisi economica che l'ha portata sull'orlo del default e ha impegnato l'Europa in un piano di salvataggio. Se nel 2009 il dato era quota 29.160 euro, più alto dell'Italia di quasi seimila euro annui, nell'ultima stima dell'Eurostat riferita a gennaio 2012 (nella quale l'Italia non è presente), lo stipendio mensile è di appena 922 euro, solamente 11.064 annui. Eurostat riporta l'elenco delle paghe lorde medie annue dei Paesi dell'Ue, nell'ultimo rapporto diffuso «Labour market Statistics», anche per gli anni precedenti all'ultimo aggiornamento (2009), così da poter anche osservare la crescita delle retribuzioni. L'avanzamento per l'Italia risulta tra i più ridotti: in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal +29,4% della Spagna, dal +22% del Portogallo. E anche i Paesi che partivano da livelli già alti hanno messo a segno rialzi rilevanti: Lussemburgo (+16,1%), Olanda (+14,7%), Belgio (+11,0%) e Francia (+10,0%) e Germania (+6,2%). Una buona notizia per l'Italia, invece, arriva dalle differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama «unadjusted gender pay gap», l'indice utilizzato in Europa per rilevare le disuguaglianze tra le remunerazioni. Ma è solo un'illusione. La Penisola, infatti, con un gap che supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia. Non è tutto oro quel che luccica. Perché a ridurre le differenze di stipendio in Italia contribuiscono fenomeni come il basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d'Europa) al part time. Non a caso tra i Paesi che vantano una minor divario ci sono anche Polonia, Romania, Portogallo, Bulgaria, Malta, ovvero tutti stati con una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro. A commentare i dati il ministro del welfare, Elsa Fornero che ha dato anche la sua ricetta:«In Italia abbiamo salari bassi e un costo del lavoro comparativamente elevato. Bisogna scardinare questa situazione, soprattutto aumentando la produttività». Cioè aumentare la quota prodotta da ciascuno.

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