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Napolitano: stop modifiche fuori tema

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Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

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Dopo il retromarcia imposto dai senatori al governo sui taxi, il premier Mario Monti mette le mani avanti e spiega che il governo non potrà «accogliere» tutte le modifiche al decreto liberalizzazioni che il Parlamento vorrà introdurre, soprattutto se rappresentano un arretramento. Una sponda gli arriva anche dal presidente della Bce, Mario Draghi che in una intervista al Wall Street Journal lancia un monito: le liberalizzazioni sono «una priorità», anzi sono «la prima riforma strutturale» che l'Europa deve fare. Dal Colle richiamo alle Camere C'è poi il monito del Capo dello Stato sugli «emendamenti ai decreti» che non rispettano gli argomenti trattati dal testo base: un riferimento diretto al decreto Milleproroghe che vale però anche per gli altri testi all'esame del Parlamento. Il tema liberalizzazioni scalda anche il fronte politico con un confronto che prende talvolta i toni dello scontro anche se in concreto si tratta. In linea con il velato preannuncio di un voto di fiducia da parte del Presidente del Consiglio, si schiera il Terzo Polo, che si presenta come il paladino delle liberalizzazioni e dello stesso Monti, pur minacciando di non sostenere il decreto. Atteggiamento questo che fa arrabbiare il Pd, che in questi giorni è riuscito a far inserire nel decreto importanti misure a favore dei consumatori. La commissione Industria del Senato, che sta esaminando il decreto, ha sconvocato le sedute del giorno preferendo continuare le riunioni tra i due relatori, Simona Vicari (Pdl) e Filippo Bubbico (Pd) con il governo, dove vengono concordate le modifiche ai vari articoli del provvedimento. Oggi poi - mentre fuori dal Parlamento gli avvocati annunciano uno sciopero dal 15 al 23 di marzo - sono stati affrontati due grandi nodi, cioè farmacie e professioni, nonchè quello del Tribunale delle imprese collegato al secondo. L'idea è, una volta trovato un accordo, andare in commissione e votare rapidamente i nuovi testi. Il che manda su tutte le furie i senatori dei gruppi che sostengono il governo: «siamo diventata una democrazia extra-parlamentare - dice Domenico benedetti Valentini (Pdl) - viene deciso tutto in riunioni informali». «Tanto - conviene Enzo Ghigo, capogruppo Pdl in commissione - sanno che il decreto lo voteremo». Rimasto un pò escluso dalle trattative il Terzo Polo Oggi ha alzato il tiro, accusando Pdl e Pd di «cedere alle corporazioni», ed ha minacciato di non votare il decreto se ci dovessero essere «arretramenti» sulla concorrenza. Dopo un incontro con i sottosegretari che seguono il provvedimento Francesco Rutelli ha detto che il Governo li ha rassicurati. Anzi sui taxi, ha detto Mario Baldassarri, l'esecutivo è con il Terzo Polo. Il che implicherebbe un ritorno al testo originale del decreto, togliendo la titolarità delle licenze ai comuni, come invece stabilisce l'emendamento dei relatori, che è stato ufficialmente depositato in mattinata. Immediata la smentita del presidente della commissione, Cesare Cursi (Pdl): «resta l'emendamento dei relatori». Per altro va detto che il Terzo Polo ha promosso emendamenti a favore delle categorie, come quello di Ida Germontani che esenta le assicurazioni dal pagamento delle lesioni di lieve entità. Forse anche per questo che il Pd non ci sta a far la parte del sostenitore delle lobby, e con Anna Finocchiaro, ricorda tutte le misure fatte introdurre dal Pd con propri emendamenti a favore dei consumatori: dalle assicurazioni alle banche fino ai trasporti, con l'Autority che nascerebbe da maggio. Per non parlar di farmacie dove il partito di Pierluigi Bersani chiede liberalizzazioni più spinte del Pdl e dello stesso Terzo Polo. Quest'ultimo rilancia come soluzione l'idea dei farmaci monodose e non più a scatole, con Chiara Moroni che lamenta «l'accanimento contro le farmacie». Il premier: no a tutte le modifiche In tutto ciò Mario Monti approfitta della sponda del Terzo Polo e dei giornali che oggi parlano di «arretramenti» e mette dei paletti ai gruppi parlamentari: «Ci saranno delle modifiche che possiamo accogliere, e non significa sempre un arretramento, e altre che non potremo accogliere e che non accoglieremo». Un quasi annuncio di voto di fiducia.  

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