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Anche Veltroni vuole Monti candidato nel 2013: «È un vero riformista»

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Magaripreludio per l'offerta di un bis a Palazzo Chigi nel 2013. Walter Veltroni è tornato a far discutere il Pd con un'intervista a La Repubblica con la quale ha gettato nel campo dei bersaniani una serie di mine pronte ad esplodere. Cosa che puntualmente è avvenuta con l'accusa all'ex segretario, declinata in varie sfaccettature e posizioni, di lavorare per spaccare ancora di più i Democratici. Ma quella di Veltroni è solo una delle tappe di avvicinamento alla battaglia finale che si giocherà con le primarie per scegliere il candidato premier dei Democratici. O del centrosinistra se riusciranno a trovare un alleato. La prima posizione «incendiaria» è quella sull'articolo 18 sul quale Walter prende una posizione ben diversa da Bersani, nettamente contrario a qualsiasi revisione. «Non bisogna fermarsi davanti ai santuari del no che hanno paralizzato l'Italia per decenni» risponde invece Veltroni a proposito della possibilità di cambiarlo. L'altro tema è l'etichetta di «riformista» appiccicata al governo Monti. Una parola che nel Pd fa immediatamente alzare il livello di attenzione e di tensione. «Circola nel Pd, ancora più nel Pdl – ragiona l'ex sindaco di Roma – l'idea che questo sia solo un governo di emergenza, una parentesi dopo la quale si tornerà ai riti e ai giochi della seconda repubblica o peggio della prima. Qualcuno dà giudizi tali da rischiare il paradosso di consegnare al centro o al nuovo centrodestra il lavoro del governo. È un errore grave. Questo governo tecnico ha fatto in tre mesi più di quanto governi politici abbiano fatto in anni». Poi l'affondo sul partito: «Nel Pd si discute di liberismo e di ritorno al socialismo. Invece siamo fuori dal Novecento». Infine la proposta che riaccende vecchie polemiche e ruggini: «Oggi sono il primo a chiedere di sciogliere le correnti, tutte, compresa la mia». La reazione più dura della parte bersaniana è del responsabile economico del partito, Stefano Fassina, che pubblica una lunga lettera su Facebook: «La prima regola per un dirigente nazionale sarebbe quella di affermare la posizione del partito di cui è parte. La posizione del Pd sul mercato del lavoro e sull'articolo 18 è diversa dalla tua, ovviamente legittima, ma minoritaria nel partito e più vicina, invece, alla linea del "pensiero unico" e alle proposte del centrodestra». E ancora: «In un partito serio in un passaggio di fase così delicato, prima di dire la propria posizione, si dovrebbe ricordare la posizione del partito». Lapidario il giudizio sul «riformismo» di Monti: «Se il programma del Governo è l'orizzonte di una forza progressista come il Pd, allora delle due l'una: o il Pdl, che insieme a noi sostiene il governo Monti, è diventato un partito progressista, oppure la tua valutazione è sbagliata. Se fosse giusta, dovremmo essere conseguenti. Alle prossime elezioni il Pd dovrebbe presentarsi insieme al Pdl, oltre che al Terzo Polo». Ma c'è anche chi come Enrico Letta è d'accordo con Veltroni: «Berlusconi tenta di berlusconizzare Monti? Chissà. Nel dubbio fa bene Veltroni a ribadire che non dobbiamo cedere Monti alla destra». In mezzo c'è l'ennesimo scontro-dibattito del Pd.

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