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Nel Paese dove chi sbaglia si dimette. Non tutti sono virtuosi

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Nonaccade sempre, ma in Germania spesso non serve nemmeno essere indagati dalla magistratura per sentirsi in dovere di rassegnare le dimissioni. Prima dell'ormai ex presidente Christian Wulff era capitato al suo predecessore, Horst Koehler (2004-2010), di rinunciare all'incarico. Era bastata un'uscita contestata a proposito della difesa della democrazia sulle montagne dell'Hindu Kush, in Afghanistan, a farlo decidere per le dimissioni. Qualcuno allora aveva detto che il presidente fosse deluso per una carica dall'autorità limitata. Altri ventilarono ragioni differenti. Ma Koehler fece intendere che quelle dimissioni, che non aveva chiesto quasi nessuno, erano la conseguenza della messa in discussione della sua autorità morale. Ma anche al di fuori della "discendenza" dei presidenti c'è una non breve lista di politici che hanno scelto di fare un passo indietro dopo averne fatto uno falso. L'ultimo è il famigerato «ministro copione» Karl-Theodor zu Guttenberg. Da poco nominato ministro della Difesa, l'astro nascente del centrodestra era stato scoperto ad aver copiato ampie parti della sua tesi di dottorato. Bersagliato impietosamente dalla stampa e dal popolo della rete, zu Guttenberg aveva lasciato l'incarico per poi ritirarsi in «esilio» negli Stati Uniti. Tornando indietro nella storia ad altri episodi celebri, non si può certo mancare di ricordare le dimissioni - da molti ritenute una reazione esagerata - dell'allora cancelliere socialdemocratico Willy Brandt. Nel 1974 Brandt lasciò l'incarico in seguito alla scoperta che uno dei suoi più stretti collaboratori, Guenter Guillaume, era un informatore della Repubblica democratica (Ddr). Eppure non tutti i politici tedeschi sono così "sensibili": proprio il predecessore di Koehler, Johannes Rau (1999-'04), era finito al centro di uno scandalo che ricorda la vicenda Wulff. L'ex presidente, morto nel 2006, era stato accusato di essersi fatto pagare alcuni voli e una festa di compleanno da 150mila marchi dalla banca WestLb. Rau fornì spiegazioni, che non convinsero tutti, e rimase al suo posto. Proprio come fece un altro presidente, Karl Carsten (1979-'84), finito al centro di una bufera quando si era venuto a sapere dei suoi trascorsi nel partito nazista e nelle Sa. Carsten restò al suo posto. Anche nella memoria dei tedeschi.

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