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«Sono rimasto sorpreso.

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L'accusasi stava avviando verso una soluzione favorevole... Poi c'è stata la richiesta della revoca dell'immunità parlamentare, e a quel punto la decisione è stata obbligata». A parlare è l'onorevole Rocco Buttiglione; oggetto della conversazione è il «caso Wulff», il presidente tedesco dimessosi dopo l'accusa di essere stato protagonista di scambi di favori con imprenditori tedeschi quando era presidente del Land della Bassa Sassonia. Buttiglione è profondo conoscitore dell'Europa, e in particolare della Germania; non è un caso che proprio lui fosse a contatto con Christian Wulff nel momento in cui la questione stava esplodendo. D'altronde il presidente dell'Udc è anche esponente di spicco del Ppe, primo partito nel Parlamento europeo dal 1999, nel Consiglio europeo dal 2002 e di gran lunga il più grande partito della attuale Commissione europea. Sorpreso dunque. Ma il realtà la questione era già abbastanza complicata: non solo i rapporti con un imprenditore, ma anche una telefonata a un giornale per impedire l'uscita di un articolo... «Complicata per i parametri di valutazione tedeschi, ma probabilmente marginale per i parametri di altri Paesi, compreso il nostro. Non risulta che Wulff sia accusato di aver rubato alcunché, e forse la questione in altri contesti sarebbe stata derubricata a una violazione dell'etichetta». Eppure ha dato le dimissioni... «Lo ha fatto per senso di responsabilità, un costume che mi auguro abbia prima o poi cittadinanza anche dalle nostre parti. È bene che un uomo politico, che deve avere a cuore l'interesse pubblico, se esistono condizioni che lo richiedono, sia coerente e si dimetta. Certo c'è da dire che in Italia ci sono anche delle buone ragioni perché ciò non accade... Buone ragioni? Scusi, a cosa si riferisce di preciso? «Al fatto che da noi la relazioni tra poteri è costantemente sotto pressione. Ci sarebbe bisogno che la classe politica smettesse di dire che è perseguitata ogni volta che un membro di essa viene sottoposto ad un'attenzione da parte della magistratura, che non fa altro che svolgere il compito che le è proprio; ma di contro ci vorrebbe anche che certi magistrati, nel loro agire, non creassero le condizioni affinché questo tipo di posizione possa prendere corpo. Altrimenti , ed è ciò che accade in Italia, tutto diventa più complicato». Non pensa che questo episodio avvicini la Germania al tanto vituperato sistema Italia, fatto di politici vicini, troppo vicini, al mondo dell'imprenditoria? Insomma, tutto il mondo è paese? «Non credo che loro la pensino così. Siamo di fronte ad un uomo che per il semplice sospetto che possa aver avuto dei vantaggi da certe frequentazioni ha ritenuto corretto rimettere il proprio mandato. I tedeschi credo si sentano profondamente diversi da noi, consci del fatto che ciò che da loro è la regola dalle nostre parti è l'eccezione. E non stiamo parlando di un politico condannato per aver in qualche modo intaccato i soldi dei contribuenti, ma di un'indagine che, per ora, è ancora tutta da sviluppare. Per ora siamo alla descrizione di episodi opachi, da valutare. Non di reati acclarati». Insomma, i tedeschi saranno pure antipatici, ma certamente sono coerenti. Ieri la Procura di Hannover ha chiarito infatti come siano «esclusivamente i rapporti con l'imprenditore cinematografico David Groenewold» a essere al centro delle indagini, ma Wulff ha scelto ugualmente di «mollare». «Ho deciso di dimettermi per cercare di risolvere quanto prima la situazione», ha spiegato Wulff, dicendosi «convinto» che la Procura di Hannover lo "scagionerà su tutto». Il passo indietro del politico cristiano democratico tedesco fa decadere il diritto all'immunità e rende così superfluo il voto parlamentare sulla richiesta di revoca da parte della stessa Procura.

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