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Sì allo svuotacarceri ma Monti perde pezzi

Il ministro della Giustizia Paola Severino

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«Svuotacarceri? No, per cortesia, chiamatelo salvacarceri». Paola Severino, ministro della Giustizia, non ci sta a inghiottire in silenzio gli attacchi sferrati nell'aula di Montecitorio dalla Lega e dall'Idv durante le dichiarazioni di voto sulla fiducia al decreto che vuole alleggerire il sovraffollamento e la tensione delle carceridove vivono 68mila detenuti in spazi sufficienti per 45mila. Non ci sta e così, dopo aver chiesto aiuto alla stampa affinché non contribuisca a generare allarmismi, si sfoga spiegando che «il decreto non è una resa dello Stato, né uno scaricabarile». Il dl, ha insistito il ministro, va nella direzione di restituire un minimo di dignità alla condizione detentiva e anche a chi nei penitenziari ci lavora. Insomma nessuno si azzardi a usare la parola «indulto» o «amnistia». Il progetto della Severino è a più ampio raggio. Il provvedimento, infatti, non è che un «tassello» nel «mosaico» di interventi messi in campo per ripensare il sistema carcerario. E a corredo c'è un disegno di legge che prevede pene alternative e affidamento in prova; c'è il piano carceri che avanza con la costruzione di nuove strutture; ci sono i 57 milioni pronti per ristrutturare subito i penitenziari più malconci. Quanto al meccanismo delle "porte girevoli", che verrebbe bloccato dalla riforma evitando che nell'arco di cinque giorni entrino ed escano dalle celle circa 28 mila detenuti l'anno, il Guardasigilli ha rilevato che la novità ha già dato ottimi frutti. Poi, con riferimento alla prevista uscita di circa 3500 detenuti ai quali entro il 2013 verrà concessa la possibilità di scontare ai domiciliari gli ultimi 18 mesi di pena (dunque con un bonus di ulteriori sei mesi rispetto al ddl Alfano), Severino ha chiarito che «sarà sempre il magistrato a valutare se il detenuto è meritevole di ottenere il beneficio per il venir meno della sua pericolosità sociale». Infine la Severino ha voluto rassicurare tutti coloro che pensano che, con la chiusura il primo febbraio del 2013 dei sei manicomi giudiziari, le cui vergognose condizioni sono state oggetto della Commissione di inchiesta guidata da Ignazio Marino, i malati di mente con la propensione al crimine siano lasciati a sè stessi. «Nessuno ha mai pensato di rilasciare in libertà persone pericolose: lo stato di detenzione rimarrà per i malati con disturbi mentali che hanno compiuto delitti, ma, con questa riforma sarà incentivata la loro cura e saranno restituiti alla vita civile quelli che sono guariti anche dal male mentale, perchè guarire si può. Basta con gli "ergastoli bianchi"». Non una parola sulla "norma Lusi", introdotta al Senato nel dl, che, per fare un dono a qualche politico finito nei guai e poi assolto, ha retrodatato i termini per richiedere l'indennizzo da ingiusta detenzione dall'ottobre del 1989 al luglio 1988. Un ordine del giorno, martedì quando si approverà il testo, dovrebbe impegnare il governo a sanare il "favore". Ma se quella di martedì sarà la rettifica a un "favore", quello che è successo ieri a Montecitorio è, per il governo Monti, la certificazione che il sostegno parlamentare al governo si sta assottigliando sempre più. Ieri alla conta finale l'esecutivo ha incassato il suo minimo storico: 420 sì, 78 no e 35 astenuti. Numeri che se paragonati a quelli della fiducia incassata dal governo a Montecitorio il giorno dell'insediamento sottolineano la disaffezione dei deputati. Quel 18 novembre i sì furono 556. Da quel giorno si è andato sempre più in calare. Il 16 dicembre l'ok alla manovra arrivò con 495 voti favorevoli e il 26 gennaio il favorevoli sul dl milleproroghe furono 469. Ieri il minimo: 420 voti favorevoli al governo, i contrari sono aumentati da 74 dell'ultima fiducia a 78 così come gli astenuti passati da 5 a 35. Interessante è vedere anche come i partiti si sono comportati: in generale sono state confermate le posizioni registrate nelle ultime settimane, con Pdl, Pd e Terzo Polo a favore del governo, Lega e Idv contro, mentre ieri si è registrata la novità dell'astensione di Popolo e territorio (16 deputati), rinforzata da alcuni singoli deputati del Pdl (11), dai Radicali e da Ronchi e Scalia. E proprio sul crescente numero delle astensioni si percepisce il malessere. Giampiero Catone, esponente di spicco di Popolo e Territorio giustifica l'astensione come risposta ai continui voti di fiducia che il governo Monti chiede: «Noi non continueremo a seguire questa logica di imposizioni senza conoscere nei minimi dettagli quali sono le linee programmatiche che l'esecutivo intende approntare per i vari ceti sociali del nostro Paese». Ma è nel Pdl che si è aperta la falla. Infatti dopo l'intervento di Manlio Contento che annunciava il voto favorevole alla fiducia facendolo però con «il dovuto senso critico: il governo tecnico assume comportamenti da governo politico». è stata immediata la replica dell'ex ministro Claudio Scajola che, per evidenziare "la distanza" da quanto detto da Contento, si è avvicinato ai banchi del governo per manifestare la sua solidarietà al Guardasigilli. Astenuti infine anche i radicali: loro speravano in un'amnistia. Contrari Idv e Lega. I primi definendo questa fiducia come «il primo vero passo falso del Governo. Il testo, infatti, poteva essere maggiormente approfondito e, soprattutto, in alcuni delicati passaggi, modificato». Per i Lumbard invece l'occasione è servita non solo per ribadire la distanza dall'esecutivo ma anche, come spiega Umberto Bossi, perché convinti che «tutte le volte che hanno fatto queste leggi non hanno funzionato».

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