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Berlusconi spegne le minacce di Bossi

Silvio Berlusconi e Umberto Bossi alla Camera

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A cena insieme per provare a non dirsi addio. L'incontro di ieri sera tra Bossi e Berlusconi (conclusosi con un bacio sulla guancia del Cav al Senatùr a beneficio dei fotografi) nella casa dell'ex premier a Milano – non Arcore ma Villa Borletti – è servito a smussare le tensioni tra Lega e Pdl dopo la minaccia lanciata dal leader del Carroccio alla manifestazione di sabato di ritirare l'appoggio al presidente della Regione Lombardia. Una minaccia che i leghisti al Pirellone hanno subito disinnescato, tanto che ieri i capigruppo dei due partiti, Stefano Galli e Paolo Valentini, hanno scritto un comunicato congiunto per dissipare ogni dubbio: «Non esistono spaccature tra i due partiti in Regione Lombardia come qualcuno dell'opposizione vuol far credere. Andiamo avanti a lavorare e collaborare per il bene della Lombardia nel pieno rispetto del mandato ricevuto dagli elettori due anni fa». Del resto neppure alla Lega interessa andare ad elezioni anticipate visto che se Roberto Formigoni dovesse abbandonare la presidenza per candidarsi alle prossime politiche l'accordo è che, modificando lo statuto, la sua poltrona vada al suo vice, il leghista Andrea Gibelli, senza tornare al voto per arrivare così alla regolare chiusura della consigliatura nel 2015. La minaccia di Bossi preoccupa però Berlusconi per le ripercussioni che può avere sull'elettorato del Pdl. Quello su cui diversi dirigenti invitano il Cavaliere a riflettere è infatti il rischio che l'eccessivo appiattimento sull'esecutivo porti chi vota Popolo della Libertà a non giustificare più la scelta di appoggiare il governo. Ecco perché quello su cui tutti concordano è che le prossime due settimane – come ha detto lo stesso Berlusconi qualche giorno fa incontrando lo stato maggiore del partito – saranno decisive. A quanto raccontano i fedelissimi del Cavaliere, l'ex capo del governo avrebbe fatto arrivare a Mario Monti la richiesta di aprire il decreto liberalizzazioni alla discussione accogliendo eventualmente le modifiche. Un pacchetto di emendamenti targati Pdl è già pronto, in attesa che il provvedimento approdi a palazzo Madama: non possiamo accettare diktat - avrebbe messo in chiaro il Cavaliere con i suoi - perché votare un testo a scatola chiusa con la fiducia significa sposare una linea che non condividiamo. E sarebbe molto complicato da far accettare. Ma l'incontro di ieri sera tra il Cavaliere e Umberto Bossi è servito anche a cercare di «salvare» l'intesa tra i due partiti per le prossime elezioni. Sulla cui data proprio il Carroccio preme perché siano entro questa primavera. Mentre Berlusconi – che ha ben chiare anche le difficoltà che l'Italia affronterebbe con un voto anticipato nel bel mezzo di una bufera finanziaria – spinge per far arrivare il governo di Mario Monti fino alla scadenza del 2013. Ma sulla possibilità di portare fino alle estreme conseguenze la minaccia di rottura con il Pdl il Carroccio è diviso. Ed è questo che Berlusconi ha cercato di spiegare ai suoi. I seguaci di Bossi hanno infatti condiviso l'«avviso» al Cavaliere se continuerà a sostenere il governo Monti, ma sono scettici sulla opportunità di una rottura netta con l'ex alleato. L'area vicina all'ex ministro dell'Interno, invece, accarezza l'idea che la Lega possa presentarsi da sola al voto e vincere. Da mesi, infatti, i maroniani lavorano al progetto di mollare il Pdl: sono partiti con la creazione di liste civiche per attrarre gli elettori delusi da Berlusconi e, a volte, con il tentativo di dividere al loro interno gli ex alleati nelle amministrazioni che si trovano a guidare insieme. Ma la risposta interna di Bossi non si è fatta attendere: candidare Roberto Maroni alla Regione Lombardia dopo Formigoni per eliminare il suo avversario più pericoloso. E scegliere lui il suo successore.

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