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Bagnasco lancia il suo "salva-Italia"

Il presidente della Cei, monsignor Bagnasco

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C'era attesa per le parole del cardinale Angelo Bagnasco in apertura del Consiglio permanente della Cei (venerdì la conferenza stampa finale del segretario generale monsignor Mariano Crociata). A poco più di due mesi dall'insediamento dell'esecutivo guidato da Mario Monti e con la polemica, ancora viva, sull'Ici per gli immobili del Vaticano, l'impressione era che la sua prolusione potesse segnare un momento di svolta. Dopotutto l'ultimo Consiglio permamente si era celebrato a settembre, in uno dei momenti più difficili dell'esecutivo guidato da Silvio Berlusconi. E il richiamo a «purificare l'aria», era stato letto da molti come un invito a liberarsi definitivamente del Cavaliere. Non solo, ma nei mesi successivi, soprattutto dopo l'incontro di Todi, il mondo cattolico impegnato nel sociale e nella politica è tornato a ragionare su una nuova stagione di unità dopo quella della Democrazia cristiana. Così, oggi, c'è chi spera che l'esperienza dell'esecutivo Monti possa «consacrare» personalità in grado di mettersi alla guida di questo processo (da Andrea Riccardi a Lorenzo Ornaghi). Fantapolitica? Probabilmente sì. Ma Bagnasco, consapevole della posta in gioco, non si è sottratto ad alcuno degli argomenti di discussione delineando quello che può essere definito il suo «Salva-Italia». «C'è da salvare l'Italia» è l'appello rivolto a tutti dal cardinale. Ma anche se il suo sguardo si posa su ciò che di positivo si muove nel Paese (indici «interessanti» sul fronte dell'export, settori di impresa che «reggono bene», la qualità della vita che resta «considerevole» nei centri medi e piccoli), è impossibile non scorgere tra le pieghe della prolusione una certa preoccupazione. Anzitutto per lo stato in cui si trovano oggi i partiti e la politica. Bagnasco stoppa qualsiasi deriva tecnocratica. «Il dubbio - spiega - è che si voglia proprio dimostrare ormai l'incompetenza dell'autorità politica rispetto ai processi economici, come se una tecnocrazia transnazionale anonima dovesse prevalere sulle forme della democrazia fino a qui conosciuta, e dove la sovranità dei cittadini è ormai usurpata dall'imperiosità del mercato». Tutto questo, per il presidente della Cei, è inaccettabile. Soprattutto in un'Italia che «appare particolarmente in angustia a motivo di sanzioni e bocciature». Il cardinale non nasconde le colpe della politica ma anzi sottolinea, da un lato, «l'incapacità provata di pervenire nei tempi normali a riforme effettive, spesso solo annunciate», dall'altro «l'incapacità, con questo sistema politico, di pervenire in modo sollecito a decisioni difficili allorché queste si impongono. Quasi dovesse essere fisiologico puntare su una compagine governativa esterna, perché provi a sbrogliare la matassa nel frattempo diventata troppo ingarbugliata». È in questo contesto, sottolinea, «che si è affacciato il nuovo governo, come esecutivo di buona volontà». Insomma per Bagnasco, Mario Monti altro non è che il "prodotto" degli errori dei partiti che, proprio per questo, oggi hanno una responsabilità in più. «Va da sè – prosegue - che dal punto di vista etico, non possa esserci sospensione della responsabilità politica». E quindi «è irrinunciabile che i partiti si impegnino per fare in concomitanza la propria parte, in ordine a riforme rinviate per troppo tempo. Non devono fare gli spettatori». L'impressione è che lo sguardo del presidente dei vescovi italiani sia già rivolto al dopo-Monti. Così come il suo appello sembra tradire il timore per forze politiche che vengano spazzate via, privando i cittadini di punti riferimento e la Chiesa di interlocutori cui rivolgersi. In ogni caso la ricetta di Bagnasco è per molti versi simile a quella delineata dal premier. Due le parole d'ordine: «risanare e crescere». Per raggiungere il primo obiettivo serve, oltre all'abbattimento degli sprechi e al ridimensionamento della spesa, una «seria» e «efficace» lotta all'evasione perché per la Chiesa «evadere le tasse è peccato», «motivo di scandalo». Il secondo punto, invece, passa attraverso la creazione di lavoro, ma anche attraverso uno Stato che si impegna «a pagare in tempo i suoi debiti». Quindi, dopo aver ricordato ciò che la Chiesa ha fatto e sta facendo in questo momento di crisi, Bagnasco affronta la vicenda Ici: «La Chiesa non chiede trattamenti particolari, ma di aver applicate a sé le norme che regolano il no profit. I Comuni vigilino, e noi per la nostra parte lo faremo». E dopo un passaggio sui cattolici che si sono riuniti a Todi (e non solo) che costituiscono ormai un «soggetto unitario diffuso», «laboratorio stimolante per la riconsiderazione dell'alfabeto della società e della politica», un avvertimento all'esecutivo: «La domenica non può essere sacrificata all'economia». I "liberalizzatori" sono avvertiti.

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