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Incontro a cena tra Bossi e Berlusconi

Silvio Berlusconi (S) e Umberto Bossi

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Il leader della Lega, Umberto Bossi, ha lasciato la residenza milanese di Silvio Berlusconi alle 21.50 circa. Il Senatùr, accompagnato da Roberto Calderoli, si è intrattenuto con l'ex premier per circa un'ora e mezza. Nella residenza milanese di Berlusconi sono giunti in serata anche i parlamentari del Pdl Aldo Brancher e Nicolò Ghedini. Bossi è giunto in via Rovani circa mezz'ora prima dell'arrivo di Silvio Berlusconi.  TENSIONI NEL CARROCCIO Il Cavaliere, che oggi ad Arcore ha avuto una lunghissima riunione di famiglia, ha scelto dunque di pranzare con i figli e cenare con Umberto. Sul tavolo il principale nodo politico che divide i due partiti, il sostegno pidiellino al governo Monti. I bossiani del "cerchio magico" premono per tornare alle urne e regolare i conti con l'ala maroniana, che ha invece disperato bisogno di tempo per prendere in mano il partito. Nulla di nuovo, se non che Bossi ieri ha minacciato conseguenze sulla tenuta della giunta lombarda. Una dinamica che se innescata manderebbe con ogni probabilità in crisi anche il governo del Veneto e del Piemonte, a guida padana. Della partita, com'è ovvio, fa parte anche la legge elettorale. I maroniani, intanto, ottenuti i congressi e la testa di Marco Reguzzoni, spingono per correre da soli alle prossime amministrative, preoccupando non poco i vertici pidiellini.   LA GIUNTA DELLA LOMBARDIA Dopo la riunione dei vertici del Pdl lombardo, il governatore Roberto Formigoni sembra non dare troppo peso alla minaccia di una crisi regionale lanciata ieri dal senatùr durante il comizio di Milano. "Ho sentito Maroni, mi ha detto che la Lega non ha alcun interesse a far cadere la mia giunta". Davanti a Mario Mantovani e Ignazio La Russa, Massimo Corsaro e Guidò Podestà, Viviana Beccalossi, Mariastella Gelmini e Paolo Romani, il governatore assicura che i contatti avuti nelle ultime ore con l'ex ministro dell'Interno portano a pensare che quello di Bossi sia solo un bluff. Altro discorso è l'ipotesi di un rimpasto della Giunta, al quale il Pdl sta comunque lavorando. Ma se Formigoni appare tranquillo, Silvio Berlusconi si sarebbe mostrato abbastanza preoccupato dell'atteggiamento del Carroccio e della guerra interna ai padani, che rischia di allontanare ancor di più una pax tra (ex) alleati. IL NODO LIBERALIZZAZIONI Se la Lega è dilaniata da una lotta intestina che sembra senza fine, anche il Pdl mostra segni di insofferenza. D'altra parte, come noto, quello delle liberalizzazioni rappresenta un terreno delicato per il partito, che infatti prova a fare la voce grossa contro eventuali blindature del provvedimento in Aula. E così il capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri, incontra i rappresentanti dei tassisti, e un pool si è messo al lavoro per preparare una serie di emendamenti. Insomma, un terreno scivoloso che, nella testa dei pidiellini, avrebbe dovuto essere "bilanciato" da un pari scombussolamento a sinistra sulla riforma del lavoro. Scombussolamento che però ai loro occhi sembra mitigato dall'orientamento del governo a varare un ddl anziché un decreto. Tanto che dal partito di Berlusconi e Alfano sono partite dichiarazioni molto simili a minacce nei confronti del governo: procedere con un disegno di legge - dice Osvaldo Napoli - "mette a rischio" l'approvazione del decreto sulle liberalizzazioni.  

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