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Cosentino si salva ma il voto s'avvicina

La Camera dice no all'arresto di Nicola Cosentino. L'abbraccio con Alfonso Papa

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Resta immobile. Tutti corrono attorno a Nicola Cosentino un secondo dopo il voto che con quel 309 no e 298 sì respinge la richiesta di arresto per l'ormai anche ex coordinatore campano del Pdl (s'è dimesso come previsto dopo il verdetto). Lui, invece, resta seduto al suo banco, qualche fila più giù, qualche scranno più a sinistra. Silvio Berlusconi rimane impassibile come se quegli undici voti di scarto lo avessero rafforzato nelle sue granitiche convinzioni. E ormai al suo orizzonte il Cavaliere vede sempre più vicine le elezioni. A maggio. Persino un pidiellino acceso sostenitore del governo Monti, come Raffaele Fitto, ammette: «Il quadro è più fragile. I rapporti tra i partiti si sono deteriorati. E poi lo spread non è diminuito, grandi cambiamenti non sono arrivati». E Mario Landolfi, mentre combatte per strappare un taxi a largo Chigi, confessa: «Il Pdl deve riprendere l'iniziativa. Stilare un programma e andare avanti. Non inseguire questo o quell'alleato, ma dettare la linea». Berlusconi non è distante da questi pensieri. Ha constatato in questi giorni che la Lega non esiste più. O meglio non è più quella che lui stesso ha conosciuto in questi anni. Bossi la controlla sempre meno e il massimo risultato che riesce a ottenere è mandare in minoranza Maroni ma non avere lui i numeri per fare una maggioranza. In queste ore ha recuperato più voti dentro la Lega Berlusconi in persona che lo stesso Bossi. E comunque, il Cavaliere ha strappato i voti decisivi. Quelli del Pdl per esempio hanno ricordato agli ex alleati leghisti che la settimana prossima ilSenato sarà chiamato a decidere su un'autorizzazione a procedere nei confronti di Roberto Castelli. Subito dopo dovrà pronunciarsi di nuovo anche sul senatore ex Pd (ma ancora dalemiano) Alberto Tedesco. Chissà, forse anche per questo il Pd ha avuto una linea più morbida. Sulla richiesta di arresto di Alfonso Papa, a luglio, i deputati furono costretti di fatto a mostrare il dito con il quale votavano nello scrutinio segreto, in modo da renderlo palese; stavolta non c'è stato nessun ordine. Al contrario la vera rigidità gli uomini del Pdl l'hanno trovata nelle file dell'Udc. Non è servita una telefonata mattutina di Berlusconi a Casini. Anzi, ha sortito l'effetto opposto. Perché Pier Ferdinando è stato piuttosto duro con i suoi spiegando che avrebbe votato a favore dell'arresto. Adesso il Cavaliere non ci sta più a subire le opa ostili di Lega e Udc. I due partiti (o quel che resta di loro) si sono lanciati alla conquista dell'elletorato del Pdl e l'ex premier non è più disponibile a rimanere con le mani in mano. «Meglio il voto. E se perdiamo, pazienza», s'è lasciato scappare l'altra sera nella riunione con i suoi fedelissimi. «Tanto - s'è poi corretto - il prossimo governo dovrà fare scelte durissime. Non so neanche se convenga andare al governo in questo momento». Sullo sfondo ci sono i rapporti sempre più tesi con il governo tecnico. Berlusconi ormai ha sempre maggiori difficoltà a spiegare al suo elettorato che le scelte di Monti non vanno bene però le vota in Parlamento. Non solo, l'esecutivo sembra essere partito all'assalto dell'elettore tipico del centrodestra: i blitz a Cortina, le liberalizzazioni che cominciano da tassisti e farmacie mentre la riforma dell'articolo 18, tanto temuta dal Pd, è stata subito accantonata. Ieri il Professore ha voluto mandre un segnale distensivo facendo sapere che non cambierà i vertici dei servizi segreti. Ma è il primo gesto dopo settimane di atti che a palazzo Grazioli considerano ostili. Anzitutto il rapporto tra Monti e il suo sottosegretario Antonio Catricalà, che fu scelto al posto dell'indicato Gianni Letta, non è mai decollato. Si narra pure che l'ex numero uno dell'Antitrust sia stato mandato in tv a parlare di liberalizzazioni ma gli era stato fornito un testo sbagliato. E poi le battutine e l'insofferenza del Professore nei confronti del suo predecessore sempre più evidenti. Tutti piccoli elementi che complicano e avvicinano le urne. Angelino Alfano si sente già in campagna eletorale e avverte: «Anche oggi sfidiamo il conformismo imperante secondo il quale la caduta del nostrro governo avrebbe abbassato lo spread. Questo è stato usato come una clava contro Berlusconi e nessuno ha ancora chiesto scusa per questa imbecillità. La sinistra usa sempre i fatti per la doppia verità».

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