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Paure e diffidenze all'ombra delle alleanze

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A come Alfano, B come Bersani e C come Casini: l'acronimo dell'anomala maggioranza che sostiene il governo tecnico in carica ormai da due mesi ha dunque trovato finalmente un tavolo, anzi una tavola, per ufficializzarsi in E speriamo che ora non venga fuori il Calderoli di turno a reclamare chiarimenti sul costo del pranzo. Valeva la pena che i commensali s'incontrassero davvero, interrompendo la pratica degli appuntamenti clandestini e rigorosamente separati. Una maggioranza c'è ed è bene che si faccia vedere e sentire, se i partiti che la compongono non vogliono aggiungere danno a danno.   Il primo danno è naturalmente quello che i partiti, appunto, si sono volontariamente procurato facendosi nei mesi scorsi una lotta spietata anche in pendenza di una vera e propria emergenza economica e finanziaria, per cui l'apertura formale della crisi ha costretto il presidente della Repubblica a ricorrere ad un governo non di politici ma di tecnici. Il secondo danno, ancora più grave del primo, i partiti se lo procurerebbero condannando il governo, tra un voto di fiducia e l'altro, a vivere di stenti e di espedienti. Di cui però farebbero le spese maggiori i cittadini, più ancora delle forze politiche, illuse di potere salvaguardare meglio le loro fisionomie sul piano elettorale sottolineando più le divisioni che le convergenze, più la voglia di tornare a darsele che quella di profittare della tregua per risolvere i problemi che da sole, le une e le altre, non si sono rivelate capaci di affrontare, né quando sono state al governo né quando sono state all'opposizione. Talune dichiarazioni di Angelino Alfano dopo il lungo incontro conviviale con Monti e gli altri leader hanno dato, o confermato, l'impressione che il Pdl sia il partito più sofferente della maggioranza attuale: più ancora del Pd, che pure rischia di più per i contenuti delle misure già adottate dal governo e di quelle che seguiranno, per esempio in tema di riforma del mercato del lavoro. Che non potrà prescindere, a dispetto delle solite barricate alzate dalla sinistra attorno all'articolo 18 dello statuto dei diritti dei lavoratori, da una nuova disciplina dei licenziamenti, al passo con le esigenze della competitività e dello sviluppo, non a caso riemerse ieri negli incontri romani del presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy.   La sofferenza del Pdl, che rimane il partito più forte fra quelli rappresentati nelle Camere attuali, nasce tuttavia non tanto dalle misure che Monti ha preso e prenderà, quanto dai cambiamenti del quadro politico che potrebbero intervenire all'ombra della tregua rappresentata dal governo. È un tema, questo, che è rimasto fuori dal menù servito a Palazzo Chigi, ma che prima o poi dovrà fare capolino anche negli incontri collegiali dei segretari dei partiti della maggioranza. Non lo si può lasciare solo a quello scambio un po' ermetico di messaggi, proteste e minacce di cui è infarcito il dibattito politico. E che ha visto contrapposti nei giorni scorsi, in particolare, Alfano e Pier Ferdinando Casini, il Pdl e l'Udc, ma ha coinvolto anche il Pd di Bersani, dove esistono paure e diffidenze analoghe a quelle avvertire nel Pdl sul "Partito della Nazione" entrato nel cantiere del terzo polo. Ha cominciato, in verità, Casini lasciandosi intervistare dall'Unità il 9 gennaio, di ritorno dalle vacanze alle Maldive, per indicare così l'obbiettivo del suo nuovo partito: «allargare i confini del terzo polo a personalità del mondo economico, come tanti che stanno in questo governo, ma anche dell'associazionismo». «Questo vedo, e credo che nessuno del Pdl e del Pd che condivida questa politica dovrebbe sottrarsi», ha aggiunto Casini, estendendo così la sua attenzione, o il suo corteggiamento, dai ministri tecnici ai politici di formazione cattolica presenti nei due partiti maggiori. Incalzato giustamente dal giornalista curioso di sapere se «qualcuno degli attuali ministri potrebbe diventare un candidato», magari a Palazzo Chigi, per il nuovo Partito della Nazione alle prossime elezioni, Casini non si è lasciato certamente frenare. Ed ha risposto, senza paura di moltiplicare sospetti e allarmi: «Io dico solo, alla destra come alla sinistra, che un sistema che volesse interdire a chi oggi sta nel governo Monti l'approdo in politica, dimostrerebbe di essere incapace di aprirsi al nuovo, e dunque molto debole, degno di stare in un convalescenziario». Alfano ci ha pensato sopra una settimana per uscire dal convalescenziario immaginato da Casini. Gli ha risposto così domenica scorsa in una intervista al Corriere della Sera: «Noi abbiamo votato un esecutivo di tecnici. Se qualcuno, dopo soli due mesi, invece di badare all'interesse generale, si è già messo a caccia di poltrone, andiamo bene». E, invitato a precisare se si riferisse in particolare al «superministro Corrado Passera», fra i più sospettati con Andrea Riccardi di corteggiamento da parte di Casini, ha detto: «È una questione di etica comportamentale che non riguarda un singolo. Ricordo solo che i ministri tecnici stanno al governo grazie ai nostri voti in Parlamento». L'antipasto del pranzo di ieri a Palazzo Chigi è stato quindi consumato sui giornali. E non si sa, francamente, se sia stato digerito, o non abbia mandato invece di traverso il pranzo, al di là della soddisfazione espressa dagli interessati a parole. Fra le quali tuttavia non ne sono mancate di allusive ad un clima di permanente diffidenza, come quelle adoperate dal segretario del Pdl per ribadire i limiti e la natura straordinaria dell'appoggio al governo e della maggioranza appena alzatasi da tavola. Parole il cui tono, o significato, si è ritrovato anche nel "consociativismo" rimproverato poi a Casini dal capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto commentandone alcune dichiarazioni. Pur soddisfatto di avere fatto uscire dalla quasi clandestinità l'acronimo - ABC - della strana maggioranza realizzatasi attorno al governo Monti - un acronimo tanto diverso dal CAF di Craxi, Andreotti e Forlani a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta - Casini rischia quindi il classico incidente sul lavoro nel cantiere del suo Partito della Nazione.

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