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Mario Monti al Financial Times: "Una parentesi, ma rivoluzionaria"

Il premier Mario Monti

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Mario Monti vola a Londra per rassicurare la City. A precedere il suo arrivo oltre Manica è una lunga intervista in prima pagina sul Financial Times che consente al professore di togliersi qualche sassolino dalla scarpa in Europa ma anche a casa nostra. Intanto il suo operato: nonostante veda il suo governo come una «parentesi» che separa il Paese dal ritorno ad un esecutivo democraticamente eletto, il premier concorda sul fatto che potrebbe determinare una «rivoluzione» se non altro per i provvedimenti che intende approvare prima della fine della legislatura: «Essere impegnati con la cosa pubblica è straordinario - spiega - Spetterà agli italiani decidere se avrò fatto un buon lavoro». Poi i partiti. Monti è sicuro: «Non oseranno fermare l'esperimento prima che si debba fermare. Non oseranno tornare all'acrimonia, alla superficiale e dura contrapposizione che ha animato il parlamento perché l'immagine e lo stile del dibattito pubblico è cambiato», sentenzia. Infine una battuta, in perfetto stile inglese: «Avere troppo successo potrebbe essere un problema e i partiti potrebbero diventare gelosi», scherza. Il problema potrebbe verificarsi se il sostegno per i tecnocrati rimanesse alto mentre la fiducia nei partiti politici dovesse restare bassa, precisa Monti, pur sperando che ciò non avvenga. Alla vigilia della bilaterale fra il professore e David Cameron, l'intervista al Financial Times diventa anche l'occasione per dare il là a un secco botta e risposta fra Roma e Berlino su come uscire dalla crisi. Il premier italiano chiede ad Angela Merkel di fare di più soprattutto sul fronte dei tassi di interesse del debito italiano. A stretto giro arriva la replica del consigliere economico di Angela Merkel, Wolfgang Franz, che boccia qualsiasi intervento della Bce e ritiene che l'Italia «possa fare da sola». Una reazione, quella di Berlino, che fonti di governo non vogliono leggere come una bacchettata, limitandosi a sottolineare che l'Italia sta già facendo il suo dovere e che l'intervento chiesto dal premier non era solo in favore dell'Italia ma dell'intera Eurozona. Scontro o meno, è evidente che vi sia una diversità di vedute su come uscire dalla crisi con il governo italiano convinto della necessità che oltre al potenziamento del Fondo salva Stati si debba lasciare più margini di manovra all'Eurotower. Anche di questo si parlerà oggi negli incontri che il presidente del Consiglio avrà a Londra. Obiettivo della visita, riannodare il filo, spezzatosi a dicembre, fra Gran Bretagna e Vecchio Continente, nella speranza che Londra possa contribuire a rendere il mercato unico più aperto e competitivo. E spiegare ai mercati quanto fatto dal governo e illustrare le prossime riforme per convincere gli investitori a non aver paura ad investire in Italia. Per Mario Monti sarà un vero e proprio tour de force che lo porterà a sei diversi appuntamenti in meno di nove ore. Prima si recherà nella sede del Financial Times per spiegare ai vertici del quotidiano finanziario della city i provvedimenti contenuti nella manovra e per illustrare le prossime riforme. Il premier si è spesso lamentato di quanto poco si sappia degli sforzi sostenuti dagli italiani. Con tutte le conseguenze che ciò comporta sui mercati. Per la stessa ragione, nel pomeriggio, andrà alla Borsa londinese per incontrare i maggiori operatori del mercato: amministratori e dirigenti di banche, fondi di investimento, assicurazioni. Parallelamente all'opera di persuasione dei mercati, il presidente del Consiglio si dedicherà al fronte diplomatico. Al centro del colloquio a Downing Street con Cameron ci sarà il dossier europeo e la crisi dei debiti sovrani. Il premier si è più volte rammaricato per l'isolamento della Gran Bretagna dopo la rottura al vertice di dicembre, ritenendo che Londra abbia molto da insegnare in fatto di concorrenza, mercato unico, liberalizzazioni e occupazione. Temi sui quali l'Italia è impegnata a scrivere delle proposte da sottoporre al vertice Ue del 30, convinta che la crescita sia indispensabile se non si vuole rendere inutili gli sforzi sul fronte del rigore.

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