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Governo preoccupato: "È una brutta sberla"

Il ministro del Lavoro Elsa Fornero

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Il ministro Elsa Fornero non usa giri di parole per descrivere l'effetto che ha fatto sul governo il declassamento imposto all'Italia da Standard & Poor's: «È una sberla che ci ributta verso il baratro rallentando il recupero». È vero che si sapeva da tempo che il giudizio della maggiore agenzia di rating non era positivo ma nessuno si aspettava arrivasse in questo momento. Soprattutto all'indomani di una manovra così drastica – per le tasche dei cittadini – e alla vigilia di una promessa «Fase 2» che dovrebbe far ripartire la crescita. Così il ministro del Welfare, parlando a Torino alla presentazione del libro di Emma Bonino «Il dovere della libertà», dà voce a tutte le preoccupazioni del governo. «Noi quest'estate – ha sottolineato – siamo stati in prossimità di una crisi finanziaria che poteva avere conseguenze gravissime». «È stato evitato il baratro? Non ancora – prosegue il ministro – c'è un tira e molla: con la manovra abbiamo fatto un passo indietro dal baratro, ma non dipende solo dal Paese, ogni tanto qualche spinta arriva e ci butta di nuovo in avanti». A questo punto la strada del governo per uscire dal pantano della crisi è una sola: misure per favorire la crescita. «La manovra Salva Italia può bastare come risanamento e come rigore, ma ora bisogna fare le riforme – spiega ancora il ministro – Abbiamo le cosiddette liberalizzazioni, c'è la riforma del mercato del lavoro. Questo governo doveva tirare fuori il Paese dal baratro e poi instradarlo in modo che sia difficile tornare indietro». E ieri mattina sul declassamento generale subito da tutta la Ue è intervenuto anche il presidente della Repubblica: «È urgente per l'Europa mettere in campo la più forte volontà comune nel procedere senza esitazioni sulla via dell'unità politica e dell'effettiva unione economica». Poi l'affondo: la crisi ha trovato «le istituzioni europee ancora condizionate da limiti del passato». Il mondo della politica segue invece due ragionamenti: il primo è che è tutta l'Unione europea ad essere messa sulla graticola per la debolezza dimostrata fino a oggi nell'affrontare la crisi economica; il secondo, invece è la difesa dell'esecutivo sul lavoro fatto e soprattutto su quello che verrà. Un'apertura di credito quasi obbligata visto che in un momento di difficolta come questo attaccare il governo equivarrebbe a un suicidio.   Così il presidente della Camera Gianfranco Fini stringe un «cordone» di sicurezza attorno al premier: «Da S&P non è venuta alcuna bocciatura al governo. È una bocciatura relativa a tutta l'eurozona ma, se si va a leggere quanto scritto dall'agenzia si riconosce al governo Monti la capacità e il coraggio di avere aggredito alcune criticità. Invece l'incertezza sta nelle resistenze della politica agli interventi del governo. Ma è tutta l'eurozona che è sotto attacco». Anche il Pdl sceglie la strada della difesa di quanto fatto dall'Italia negli ultimi mesi. Puntando invece il dito sugli errori della Ue a guida Merkel-Sarkozy. «Il declassamento di S&P dimostra che il problema non era il governo Berlusconi e che a due mesi di vita di questo governo abbiamo visto lo spread crescere ancora, le borse ancora giù e l'Italia declassata – spiega il segretario del Pdl Angelino Alfano – La colpa non è di questo governo ma di un euro che non funziona, di un'Europa che non sa decidere e di una Bce che non è garante dell'euro». Simile il ragionamento del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: «A questo attacco della finanza corrisponde che sul piano della politica perde la linea Merkel-Sarkozy. Quella linea non salva l'Europa. I nostri amici tedeschi dovrebbero ricordarsi che non esisterebbe una Germania così se non ci fosse stata l'Europa».

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