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Monti non ci ripensa, via libera al decreto nel Cdm del 19 gennaio

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Bisognaagire in fretta contro la crisi, per avere forza contrattuale in Europa dobbiamo presentarci con il percorso delle riforme già avviato, ha spiegato il Professore ai rappresentanti dei partiti ricevuti ieri a palazzo Chigi. Il decreto sulle liberalizzazioni approderà sul tavolo del Consiglio dei ministri il 19 gennaio, pochi giorni prima della riunione dell'Eurogruppo. Nella sede del governo sono arrivati prima gli esponenti del Terzo Polo, poi la delegazione del Pdl e infine quella del Pd. Il presidente del Consiglio a tutti ha ripetuto che le misure riguarderanno un'ampia platea e che non ci sarà alcuna misura punitiva. Non colpiremo singole categorie, ci sarà un provvedimento ampio – è il ragionamento del Professore – ma occorre agire e in fretta per aprire il mercato e rimettere in moto l'economia. L'esecutivo intende muoversi per arrivare ad una maggiore equità e ad un'apertura alla concorrenza. Dal Pdl si sostiene che il premier avrebbe spiegato di capire le preoccupazioni di chi protesta, ma allo stesso tempo di essere determinato ad andare avanti perché l'Italia non può permettersi di non fare le riforme. «Occorre che Monti intervenga sui colli di bottiglia reali e sui grandi interessi, bisogna avere coraggio per agire anche contro i potentati», hanno chiesto Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri. Il Pdl ha insistito soprattutto sulla necessità che il treno sulle liberalizzazioni viaggi contestualmente con la riforma del mercato del lavoro. Il Pd invece ha chiesto a Monti «coraggio e equità». Bisogna riuscire «ad affrontare il tema facendo sul serio, senza disturbare qualcuno si ed altri no», afferma Pier Luigi Bersani, «cerchiamo di fare cose che diano l'idea che si fa qualcosa per tutti». «Le liberalizzazioni – osserva anche Enrico Letta – devono riguardare tutti, non solo tassisti e farmacie. Penso all'energia, ai servizi bancari e assicurativi, e i servizi pubblici». Intanto il governo, nel consiglio dei ministri di ieri, ha varato una nuova stretta per le «auto blu» utilizzate dalle amministrazioni pubbliche, che si estende questa volta - come richiesto dal una ordinanza del Tar del Lazio - anche agli organi costituzionali, alle Regioni e agli Enti locali, finora esclusi da un regime di maggiore austerity. Le uniche escluse saranno, come espressamente previsto dalla legge, sono quelle «in dotazione al Capo dello Stato, ai Presidenti del Senato e della Camera, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Presidente della Corte costituzionale e le auto blindate adibite ai servizi istituzionali di pubblica sicurezza». A firmare il decreto con la nuova «stretta» è stato il presidente del Consiglio Mario Monti, che ha raccolto le indicazioni del ministro della Funzione Pubblica, Filippo Padroni Griffi. Per sapere quanto davvero si è risparmiato complessivamente grazie alle politiche di rigore bisognerà aspettare comunque almeno il 20 gennaio. Al momento su 8.160 amministrazione ne mancano all'appello circa 2.500. Le prime indiscrezioni parlano comunque di una riduzione del 5% del parco auto delle amministrazioni pubbliche, concentrato nelle vetture della fascia più alta. «Ci aspettiamo un calo del 5% – ha detto Carlo Flamment, presidente del Formez, Istituto che cura il monitoraggio per conto del ministero della Funzione pubblica – e ci aspettiamo che si concentri nelle blu-blu (quelle di rappresentanza assegnate alle alte cariche dello Stato, delle magistrature ecc) e blu (utilizzate dalla dirigenza apicale). In pratica, a fronte di quasi 72.000 auto complessive censite nel 2010 ci si aspetta un calo di 3.500 vetture.

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