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Dobbiamo ricomprarci la Patria

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Giorgio Napolitano oggi deve compiere uno dei passaggi più difficili del suo settennato al Quirinale: il discorso di fine anno. Non siamo di fronte a un rito, questo è un momento diverso dai precedenti. L'attesa per quello che dirà il Presidente della Repubblica è grande, perché l'anno che se ne sta andando è stato tra i più difficili della nostra storia. Quando sarà consegnato ai libri, ci si renderà conto della sua eccezionalità. I cicli storici italiani si dividono in ventenni e decenni, il ventennio berlusconiano si sta chiudendo e davanti a noi si profila una transizione che il governo di Mario Monti apre e non esaurirà alla fine della sua missione. Neppure le elezioni del 2013 chiuderanno questa fase, occorreranno molti anni e una nuova classe dirigente. Alla fine del decennio della transizione, nel 2023, avremo un sistema istituzionale diverso, speriamo migliore, perché quello che abbiamo oggi è una macchina lenta che non regge una sfida globale supersonica. Con Monti si è provato a erigere una diga contro la speculazione sul debito pubblico, la situazione è migliorata, ma incombono sul nostro Paese le minacce di un altro taglio del rating e le precarie condizioni di un'Europa con gravi carenze politiche, economiche e di leadership. Gli italiani dovranno trovare da soli - e in fretta - la ricetta per uscire da questa trappola speculativa. Non possiamo accettare un sempre più concreto aiuto diretto del Fondo Monetario Internazionale (che ha l'ascia pronta, costi quel che costi in termini sociali) senza aver provato a mettere in piedi una soluzione interna immediatamente efficace. La nostra sfrenata vita a debito cominciata quarant'anni fa rischia di cancellare il futuro nostro e dei nostri figli. Non ce lo possiamo permettere. Che fare? Non è con il dogma del pareggio d bilancio che ci salviamo. E neppure con la politica del rigore, dei tagli e delle tasse e basta. Dobbiamo tornare a produrre, diffondere cultura imprenditoriale, far crescere il Pil e la meritocrazia, spostare il peso fiscale e ridurre lo stock di debito. Quest'ultimo punto, alla luce dei rumors provenienti dal mondo finanziario, è urgentissimo. Numeri alla mano è chiaro che l'unica via possibile è quella di un massiccio riacquisto del debito da parte degli italiani. Dobbiamo comprarci l'Italia, la nostra Patria, prima che gli avvoltoi che svolazzano sulle nostre teste, facciano banchetto delle nostre aziende, delle nostre banche e dei nostri risparmi. Caro Presidente Napolitano, chieda agli i italiani di comprarsi l'Italia.  

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