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La pallottola per abbattere il nostro debito

Il premier Mario Monti

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Serve ottimismo. Quando lo diceva il Cavaliere gli antiberlusconiani in servizio permanente effettivo lanciavano scomuniche a mezzo stampa. Ieri la parola è uscita dalle labbra di Mario Monti e la faccenda sarà interpretata come un invito («sobrio», mi raccomando) ad avere fiducia nell'Italia. Il presidente del Consiglio ha ragione, ma proprio per questo voglio raccontare un paio di cose che aleggiano nell'aria. Dopo il consiglio dei ministri «muto», Monti ha provato a tracciare una rotta per i prossimi mesi. C'è chi dirà che si è presentato a mani vuote e doveva essere più concreto. Bisogna esser realisti: la situazione è difficile, più di quanto si immagini. Eurolandia è entrata in una fase economica recessiva, le soluzioni dell'Ue per allentare le tensioni sul debito sovrano non convincono i mercati e le aste dei titoli pubblici sono diventate una lotteria. Rispetto a qualche mese fa la situazione italiana è leggermente migliorata, ma passato San Silvestro il nostro Paese si troverà di fronte a scelte non più rinviabili. Le voci su un nuovo taglio a fine gennaio del rating del nostro debito stanno aumentando. Nel frattempo abbiamo già sparato la nostra «pallottola d'argento» (la manovra salva Italia) ma lo spread tra i nostri titoli e quelli tedeschi continua a viaggiare a quota 500. Un altro downgrade del debito porterebbe all'uscita dei titoli italiani dal «paniere» della finanza strutturata, quella che alimenta il portafoglio degli investitori internazionali. È uno scenario caotico che non possiamo permetterci, perché rischia di farci entrare in una spirale senza uscita e condurci con la corda al collo verso l'aiuto diretto del Fondo Monetario Internazionale. La terza economia del Vecchio Continente può essere messa sotto tutela? Il problema andrebbe risolto in Europa, ma intanto l'Italia deve uscire dallo schema delle manovre a getto continuo - una palla al piede dell'economia reale - per cercare «la pallottola d'oro» da sparare. Quale? Il prestito forzoso o una patrimoniale. Fuori da queste ipotesi, ci sono tagli colossali alla spesa pubblica che porterebbero disordini sociali dall'esito incontrollabile. Dobbiamo decidere una volta per tutte cosa fare da grandi: dopo aver dato un assetto credibile alla Previdenza, tagliamo di netto Pubblico impiego e Sanità gratis per tutti? O diciamo agli italiani che è ora di ricomprarsi l'Italia prima che venga svenduta al miglior offerente? Sono domande che per ora non hanno trovato una risposta né del governo né dei partiti, ma un dato di fatto dal quale partire per cercare la soluzione c'è: la ricchezza netta delle famiglie è stimabile in circa 8.600 miliardi di euro, di cui le attività finanziarie rappresentano il 37,7 per cento. Fate voi i conti. Sono tantissimi soldi. Secondo Bankitalia nel 2009 «la quota investita direttamente dalle famiglie in titoli pubblici italiani era pari a poco più del 5 per cento». Una cifra ridicola. Dobbiamo ricomprarci il debito, i soldi ci sono, i titoli sono buoni e i rendimenti migliori di quelli di un derivato emesso in Lussemburgo o in qualche isola caraibica. Il governo lo spieghi agli italiani, prima che sia troppo tardi.  

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