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"È recessione, ma il lieto fine arriverà"

La presidente di Confindustria Emma Marcegaglia

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«L'inverno della recessione» arriva a gelare l'Eurozona. Di più. «In Italia la crisi è iniziata prima e risulterà più marcata». È questa la fotografia scattata dal centro studi di Confindustria, che però non dispera: con una forte crescita ci potrà essere «un lieto fine». Gli economisti di viale dell'Astronomia sono pronti a «scommettere» sulla possibilità di una «ripartenza» tra sei mesi. In primavera la ripresa è possibile, ma «è l'ultima chance». E servono dei correttivi. «Il lieto fine per l'Italia non può consistere solo nello scampato pericolo del dissolvimento della moneta unica, cui il Paese può fornire l'innesco, ma dal ritorno all'alta crescita. Ce ne sono i presupposti, ne sono state poste le prime timide basi», ma bisogna fare di più. Con dodici mesi di buio per la crescita, con il Pil in flessione già dalla seconda metà di quest'anno, infatti, l'Italia si prepara ad affrontare la sua quinta recessione dal 1980. Le stime degli economisti di Confindustria certificano un crollo del prodotto interno ritoccando al ribasso le stime per l'anno che sta per chiudersi (dal +0,7 al +0,5%) e tagliando drasticamente le previsioni per il 2012, dal + 0,2% previsto appena lo scorso settembre ad un tonfo del -1,6% stimato oggi. Allarme condiviso da Confindustria e Governo, anche per l'impatto durissimo sull'occupazione: 800mila occupati in meno a fine 2013 rispetto a inizio crisi, 219mila nel biennio 2012-2013, e un tasso di disoccupazione al 9% a fine 2012, stima il centro studi di Confindustria. Tra i più colpiti dalla crisi, giovani (-24,4% nella fascia 15-24enni e -13,3% per i 25-34enni da metà 2008 a metà 2011), maschi (-3,4%) e chi ha una minore istruzione (-10,6% per chi ha solo una licenza media). La leader degli industriali Emma Marcegaglia parla di dati «conservatori»: per il Pil «potrebbe anche andare peggio» dice, ma Confindustria crede nel «lieto fine»: una ripresa già dalla «tarda primavera 2012» è «l'esito più probabile» per il centro studi di via dell'Astronomia. Che però avverte: l'alternativa sarebbe uno scenario da incubo, con il dissolvimento dell'euro, fallimento di migliaia di imprese e decine di banche, milioni di posti lavoro persi, perfino la Germania tra i Paesi a rischio insolvenza. Sul fronte dei conti pubblici, il debito pubblico italiano ad ottobre è aumentato, in un solo mese, di oltre 25 miliardi (+1,3%; +2,3% da ottobre 2010, +3,6% per un valore di oltre 66 miliardi da inizio anno). Deboli le entrate tributarie, che nel periodo gennaio-ottobre sono inferiori dell'1,3% rispetto alle previsioni. Sulla crescita pesano gli effetti restrittivi di una manovra, sbilanciata sulle tasse, per l'88,6% della correzione nel 2012, calcola Confindustria. Ma l'intervento del governo rende «più credibili» gli obiettivi di risanamento. Così Emma Marcegaglia rilancia l'allarme pressione fiscale: con i livelli record stimati dagli economisti del Csc (al 45,5% del Pil tra due anni, oltre il 54% quella effettiva che esclude il sommerso) «non è sostenibile nel lungo periodo». La manovra voluta dal governo Monti - sottolinea Confindustria - rimane «assolutamente indispensabile» ed è una dimostrazione di «maturità del Paese». La numero uno di Confindustria loda il «comportamento corretto e di grande responsabilità» con il quale il Paese ha reagito alla manovra e ribadisce che «c'è un sistema industriale che sa reagire, una forza lavoro capace». Senza la manovra ci sarebbero state «discontinuità nella capacità dello Stato di fare fronte ai propri impegni - commenta lo stesso Monti - L'alternativa non è la vita senza quei sacrifici ma la vita con sacrifici molto più gravi. Sbagliato limitarsi a pesare l'effetto della manovra sulla crescita, perché non si riduce a sottrarre una percentuale al Pil», aggiunge. Confindustria conferma: chi pensa che nei prossimi mesi avremmo avuto più Pil non considera che sarebbe stato «un percorso pre-fallimentare». Come dire: l'inverno è duro, ma la primavera arriverà.

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