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La Ue ha una gran paura e la speculazione se ne giova

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Numeri in picchiata. Secondo il Centro studi Confindustria nel 2012 l'Italia tornerà in recessione, e di brutto: Pil a meno 1,6. Disoccupazione al 9 per cento, cioè altre 219 mila persone senza lavoro per un totale di 800 mila posti persi da fine 2008. In calo i risparmi delle famiglie: lo dice la Banca d'Italia che segnala negli ultimi quattro anni una contrazione dei patrimoni netti del 3,2 per cento, segno che la gente intaccato i propri tesoretti domestici. Ed il dato non sconta ancora gli effetti della manovra sulla casa, che secondo le stime dovrebbe portare al fisco un totale di 53 miliardi tra Ici, Irpef, Iva e altre imposte, sui circa 5 mila miliardi di euro di ricchezza immobiliare privata. I ribassi non risparmiano di conseguenza la fiducia dell'opinione pubblica nei confronti di Mario Monti. Quel 73 per cento che aveva accolto il professore al momento dell'insediamento si è ridotto in un mese al 50, certificato concordemente dall'Ispo di Renato Mannheimer, da Euromedia Research e dalla Swg. Ciò che è peggio, l'80 per cento dei cittadini è convinta che i sacrifici non serviranno a mettere al riparo i loro risparmi: e qui i sondaggi combaciano con la realtà. Né meno rassicuranti sono i numeri in rialzo. C'è ovviamente lo spread, che tra cause tecniche (cambio del Btp italiano di riferimento) e costo dei rendimenti torna oltre 500. E la pressione fiscale, già certificata al record del 45 per cento dalla Banca d'Italia, che secondo la Confindustria supererà abbondantemente il 54, tenuto conto del sommerso, su chi le tasse le paga. Questo scenario non è solo italiano, come emerge dall'ultimo bollettino della Bce che prevede una frenata generale del Pil dell'eurozona per tutta la prima parte del 2012. E tuttavia l'Italia, se escludiamo i paesi in default come la Grecia, o inseriti nel piano di aiuti come Portogallo e Irlanda, è messa peggio di tutti. I Bonos quinquennali spagnoli sono stati collocati ieri mattina al 6,06 per cento, 1,65 punti di rendimento in meno dei Btp italiani andati in asta mercoledì. E in Spagna il nuovo governo di centrodestra non è ancora in carica (giurerà il 21 dicembre), né tantomeno ha presentato le sue misure di rigore. Come mai siamo messi tanto male? Possibile che il governo Monti stia già esaurendo la sua spinta, non solo tra gli italiani sotto stress fra tasse e pensioni, ma sui mercati e nelle cancellerie europee? Le spiegazioni che circolano tra gli insider delle grandi banche sono tre. La prima: il quasi certo declassamento del rating della Francia si porterebbe dietro un analogo o forse peggiore downgrading dell'Italia. Se fosse come alcuni temono per «two knots», due gradini, perderemmo il livello A per entrare nella fascia B. Ciò significa che i nostri titoli non potrebbero più fornire le garanzie collaterali per i vari fondi e strumenti di salvataggio europei, ed ancora più complicato diverrebbe per la Banca centrale proseguire negli acquisti di Btp sul mercato secondario. Ed Angela Merkel avrebbe un motivo in più per sbarrare le porte ad ogni politica espansiva. Il secondo motivo è legato a ciò che farà Mario Monti. L'assedio in gran parte vittorioso delle lobby alla sua prima manovra è stato un cattivo segnale a livello internazionale (non è sfuggito per esempio al Financial Times né all'occhiuto Frankfurter Allgemeine Zeitung); ancora di più l'assenza, per ora, di misure per la crescita. Ma c'è un terzo motivo segnalato dagli addetti ai lavori. Per capirlo appieno bisogna leggere l'ultimo best seller di Robert Harris, «The fear index»: «L'indice della paura». Di che si tratta? E' la storia di un hedge fund che, attraverso un algoritmo sofisticatissimo, guadagna miliardi di dollari speculando al ribasso su due indicatori: l'Emh (Efficient market hypotesis), cioè la dottrina della finanza comportamentale; ed il Vix (Volatily index) che invece è un indice vero trattato alla Borsa di Chicago, e che misura le oscillazioni call e put, di acquisto e vendita, sullo Standard & Poor's 500, il maggiore listino americano. La combinazione tra Emh e Vix, con i mercati che agiscono in maniera sempre più standardizzata e quindi più prevedibile e attraente per la speculazione, crea, appunto, l'indice della paura. D'accordo, siamo nella finzione. Ma in fondo anche «Wall Street» era un film. Ed oggi qual è il sentimento dominante dell'Europa – e viceversa il punto di forza della Merkel e della finanza tedesca che campa sul suo oltranzismo – se non la paura? E qual è il paese «too big to fail» e «too big to bail» – troppo grande per fallire ma anche per essere salvato – oggi più impaurito di tutti?

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