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Il governo del Presidente

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano stringe la mano a Mario Monti

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Si parla da più di trent'anni di Grande Riforma dello Stato, ma oltre a dibattiti, intese a parole e bicamerali con il tavolo rovesciato non si è mai andati. Il paradosso dell'autoriforma è tipico di ogni sistema politico, tuttavia in Italia la questione è diventata un male cronico. La contemporaneità propone un mondo iperaccelerato mentre le nostre istituzioni sono ottocentesche. La globalizzazione, la crescita esponenziale della tecnologia e lo sviluppo delle reti di computer hanno reso eterni i tempi della legislazione. Lo «stato d'eccezione» che in Italia ha prodotto il governo Monti, in Spagna elezioni anticipate, in Germania un duro dibattito sull'Euro, negli Stati Uniti l'arrivo di Obama, la crisi del partito Repubblicano e il crac di Lehman Brothers, non è un iceberg che si scioglierà in primavera, ma lo scenario permanente. La tecnica vola, la politica zoppica. Il governo Monti è nato per questo, però annaspa con una «legislazione motorizzata» - buona per il Novecento dell'acciaio ma arruginita nel Duemila della Rete - che non può competere con chi muove i capitali in un secondo e manovra il debito e lo spread. È lo «stato d'eccezione» ad aver favorito la nascita di un governo del Presidente. Anche ieri Giorgio Napolitano ha usato parole chiare sulla necessità di questo esecutivo e la sua legittimazione nell'emergenza. I partiti dovrebbero guardare a questo quadro e non perdersi nella cornice dei singoli provvedimenti. Dovrebbero cogliere la palla al balzo e interrogarsi su un semplice fatto: se questo governo è ineludibile, se questa è la rotta per il futuro, se non c'è alternativa, allora bisogna uscire dall'eccezione e stabilire la regola. Cari amici del Pdl e del Pd, se il governo Monti oggi nonostante i mal di pancia ha un senso, allora dovete farlo uscire dalla condizione di eccezionalità per fare riforme istituzionali che danno lo scettro di nuovo al cittadino (legge elettorale) velocizzano il Parlamento (taglio dei parlamentari e fine del bicameralismo) e rafforzano l'esecutivo. È ora di discutere di presidenzialismo, senza totem e tabù costituzionali. Perché il governo del Presidente è già tra noi.  

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