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Monti batte la speculazione

Mario Draghi, alla guida della Banca centrale europea

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Il governo Monti che ottiene la fiducia anche dalla Camera spunta le armi della speculazione. Lo spread, la differenza di rendimento tra i Btp italiani e i Bund tedeschi, è arrivato ieri sotto i 470 punti base, 467 per la precisione. Il rendimento è sceso al 6,64% ancora alto per essere facilmente sostenuto dalla finanza pubblica ma in ogni caso ormai distante da quel 7% toccato nei momenti più acuti della crisi politica che ha portato alle dimissioni di Belusconi. La velocità di discesa non è uguale a quella della salita ma l'inversione di tendenza è ormai chiara. La credibilità del nuovo premier è considerata dai mercati sufficiente per condurre in porto le riforme chieste dall'Europa e dalla Bce al Paese. E Monti i mercati li conosce bene se ha chiesto ai ministri di mantenere il riserbo sui provvedimenti e di non parlare a mercati aperti. Certo il problema che sta a cuore a chi muove le leve della finanza è ora più ampio dell'Italia. Ed è l'incertezza politica dell'Unione che continua a mostrarsi divisa di fronte agli investitori che temono un contagio della crisi del debito. Monti ha portato un po' di sollievo comunque a tutta l'Ue. Ieri si è infatti allentata anche la tensione su Francia e Spagna con lo spread sugli Oat (i titoli francesi) è sceso a 150 punti e quello coi bonos a 441 punti. Il sentimento che passa nelle sale di contrattazione è sempre lo stesso. Sui mercati azionari si registrano cambi di direzione continui. L'indice di riferimento europeo, lo Stoxx Europe 600 ha chiuso in calo dello 0,9% e forse per contrappasso ad aggiudicarsi la maglia nera nell'ultima seduta della settimana è proprio la City (-1,11%). Milano e Madrid sono comunque gli unici due listini che chiudono in rialzo rispettivamente dello 0,23% e dello 0,43 per cento. Chiude in ribasso dello 0,44% Parigi e dello 0,85% Francoforte. A sferzare al politica è arrivato comunque ieri anche Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea che ha bacchettato i ritardi dei Paesi europei, perché «non si può aspettare oltre» il rafforzamento del fondo salva-Stati. Alla prima uscita pubblica (fuori dalla Eurotower) il presidente Draghi, usa toni senza precedenti per pungolare i governi a sbrigarsi nel mettere in pratica le misure annunciate per rafforzare il fondo «Efsf»: «Dov'è l'implementazione di queste misure ormai annunciate da tempo? non si può aspettare oltre». Il problema è lo stallo su come potenziare il fondo di salvataggio, una questione che sta contribuendo a destabilizzare i mercati e fa dire a molti che dovrebbe essere la Bce a fare da supplente e mettersi a comprare bond. Non nasconde, l'ex governatore di Bankitalia, una congiuntura economica che preoccupa e giustifica il taglio dei tassi appena varato. Nell'area euro «i rischi per le prospettive economiche sono aumentati» e ciò metterà pressione su prezzi e salari. È per questo - spiega Draghi tornando sulla decisione d'inizio novembre quando il primo consiglio da lui presieduto ha tagliato i tassi all'1,25% - che la Bce ha ridotto il costo del denaro. Potrebbe farlo nuovamente a dicembre (riportando così i tassi al minimo storico dell'1%) stando alle parole del suo collega consigliere esecutivo Gonzalez-Paramo, secondo cui la decisione dipenderà dalle nuove stime economiche dell'Eurotower. Ma non c'è solo lo scenario macroeconomico nel radar del neo-presidente della Bce. Agli uomini di Draghi tocca il compito di monitorare ogni giorno il mercato dei depositi dove le banche si riforniscono di liquidità: e le difficoltà ci sono per diversi istituti, anche tedeschi e italiani. «Siamo consapevoli - è la risposta di Draghi davanti alla platea tutta tedesca di banchieri e finanzieri riuniti dallo European Banking Congress intorno a Deutsche Bank e Commerzbank - delle attuali difficoltà per le banche» a causa della pressione sui bond sovrani, dell'accesso più difficile alla liquidità. Una rassicurazione che potrebbe preludere a nuove misure di sostegno se fosse necessario, ora che i requisiti stringenti sul capitale stanno spingendo diversi istituti a diminuire l'offerta di prestiti a famiglie e imprese: già ieri la Bce ha allungato i prestiti (illimitati) alle banche, offerto dollari con la Fed e acquistato covered bond dalle banche. Sullo sfondo c'è la crisi del debito in Europa e lo stallo sul rafforzamento del fondo salva-Stati: Draghi non si sofferma, a differenza di due settimane fa, sul tema scottante degli acquisti di bond governativi. Ma avverte - riferendosi ai «no» della Bce alle richieste della politica - dei rischi di perdita di credibilità e degli «enormi» costi per riguadagnarla. E rispedisce la palla nel campo della politica, appunto, cui spetta il compito primario di tirarsi fuori dalle crisi. A partire dalla governance economica europea, che deve diventare «molto più robusta». Intanto fra Parigi e Berlino è ormai permanente il negoziato, che a tratti rasenta lo scontro, su come arrivare a un salvataggio definitivo dei Paesi in difficoltà dell'area euro. E fra le varie ipotesi sembra prendere quota lo schema di un tandem Bce-Fmi per fornire un maxi-prestito, non escluso dall'organizzazione di Washington.

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