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Bonanni: "Non daremo tregua al premier"

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Raffaele Bonanni

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«Non daremo tregua fino alla fine. Fino a quando le nostre richieste non saranno accolte, fino a che la pressione sul reddito fisso e sui pensionati non sarà allentata. Non è possibile che a pagare per l'emergenza siano sempre gli stessi». Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, è determinato a ristabilire quel «metodo concertativo che per la prima volta è stato abbandonato con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti».  Bisognava fare in fretta, dare un segnale ai mercati e forse la concertazione avrebbe richiesto tempi lunghi che l'emergenza non poteva permettere. Questo quanto ha lasciato intendere il premier Monti. Vi convince? «Anche l'emergenza non giustifica questo modo di procedere. La politica non può commissariare il sociale. Questo non riguarda solo noi ma tutto il Paese. Nessuna manovra può ottenere il requisito di equità senza un confronto con i soggetti sociali. E i risultati si sono visti. C'è molto rigore e nessuna equità. Chi dovrebbe filtrare il rapporto tra governo e la gente? I media? Su quali basi si costruisce il rapporto di fiducia e la consapevolezza che si è fatto tutto ciò che si doveva fare?» Ma l'Europa premeva... «È un discorso che non regge. Una rottura di questo tipo non è mai accaduta e in presenza di un governo tecnico con la politica che ha abdicato al suo ruolo, saltare i corpi intermedi è un errore gravissimo che peserà molto sull'efficacia della manovra e il rapporto tra istituzioni e cittadini. Ecco perché abbiamo voluto protestare». Si riferisce allo sciopero di lunedì prossimo? «Proprio così. Attraverso questo noi chiediamo di aprire un negoziato perché la soluzione sulle pensioni è davvero troppo pesante, si concentra sui soliti soggetti». Quali? «La generazione degli anni 50 che dovrebbe cambiare in un solo momento il criterio di calcolo della pensione dal retributivo al contributivo. Poi c'è l'innalzamento dell'età di uscita in un momento di grande crisi con centinaia di migliaia di persone licenziate e in prossimità di esserlo e in cassa integrazione. Si tratta di decisioni che portano a esiti imprevedibili». Cosa avevate chiesto e Monti non ha accolto? «Ci aspettavamo un intervento forte sui patrimoni, sulle spese delle amministrazioni, sull'evasione. Invece niente; tutta l'attenzione è stata concentrata sulle pensioni». Pensate di riuscire a convincere Monti a fare marcia indietro? «Abbiamo il dovere di provarci e vogliamo raccordarci con i gruppi parlamentari. Non daremo tregua sino all'ultimo momento. Per noi è sbagliato che non si sono fatte distinzioni tra i lavoratori, che non ci si è posto il problema dell'allungamento del periodo verso la pensione». Cosa avete chiesto e invece vi è stato dato? «Il governo ci ha ascoltato all'ultimo momento eliminando l'aumento dell'aliquota per l'Irpef anche se poi saranno le Regioni a decidere. Poi il mantenimento della perequazione per coloro che hanno il doppio della pensione minima. Ma di certo questo non basta. È la dimostrazione che sono misure portate dalla Ragioneria e assunte senza confronto. C'è un peso notevole sulla gente, la rottura delle politiche di confronto e lo scavalcamento del sociale che ci fanno preoccupare. Poi c'è la questione dei privilegi che restano intatti». A quali privilegi si riferisce? «Non c'è nessun intervento sui fondi speciali. Sono oltre 850 mila le persone che sfuggono alla riforma Dini. L'aumento dei contributi per alcune categorie è risibile. È chiaro che con l'alibi della fretta, non si vogliono toccare i privilegi». Avete già preso contatti con i gruppi parlamentari? «Lo faremo nelle prossime ore». Con chi? «Con tutti». Con quali partiti pensate di trovare una sponda sensibile alle vostre richieste? «Sono convinto che tutti i gruppi parlamentari saranno sensibili su un problema che ha creato una voragine di aspettative. Non si vogliono colpire certi settori». Si riferisce ai costi della politica? «Anche quelli sono stati solo sfiorati. Sono risibili. Se si vuole si può agire. Ma non c'è volontà, si vuole fare subito cassa». I mercati però sembrano aver apprezzato le misure di Monti. «Figuriamoci, se a pagare sono i soliti. Allora che facciamo, per far scendere lo spread sospendiamo il pagamento degli stipendi? Bisogna valutare l'effetto depressivo delle misure appena varate». Oltre allo sciopero penserete a misure più forti? «Faremo presidi tutti i giorni sotto la Camera. Non daremo tregua».

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