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Più tasse agli scudati Ma i tecnici frenano

La protesta in Parlamento

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Il partito degli «anti-scudati» è diventato trasversale. Si fa largo l'idea di far pagare una parte della manovra a quelli che hanno riportato in Italia i capitali che avevano «imboscato» all'estero. Soldi tassati a un favorevole 5%. Un «patto» sottoscritto con il governo Berlusconi. Ma ora che Monti e company tagliano le pensioni e rimettono l'Ici, la maggioranza che sostiene l'esecutivo tecnico vorrebbe chiedere un «nuovo» sacrificio agli «scudati». La tassa aggiuntiva dell'1,5%, stabilita dal governo, potrebbe raddoppiare al 3% in Parlamento. In questo modo si allargherebbe la platea dei pensionati salvi dal blocco dell'adeguamento degli assegni all'inflazione. Del resto per il prelievo sui capitali scudati è possibile quantificare le risorse aggiuntive: ora la misura dà un gettito di poco più di 1 miliardo di euro nel 2012 e 1 miliardo nel 2013 (è previsto infatti che il pagamento dell'una tantum avvenga in due rate). Con un raddoppio, dall'1,5% al 3%, si avrebbero altri 2 miliardi di euro. Sono tutti d'accordo. Addirittura Antonio Di Pietro (Idv) propone di portare l'aliquota al 10%: «Questa manovra non è equa, perché colpisce i pensionati e gli onesti lavoratori - dice - L'Italia dei Valori presenterà una contromanovra e gli emendamenti nelle commissioni parlamentari per cancellare i privilegi che finora non sono stati toccati e per riequilibrare il decreto, all'insegna della giustizia e dell'equità sociale. Si possono recuperare le risorse necessarie a risanare i conti, tagliando le spese militari, tassando al 10 per cento i capitali scudati, combattendo l'evasione fiscale e mettendo all'asta le frequenze televisive». Interviene anche la Cia, che raccoglie gli agricoltori italiani: «Eleviamo in maniera adeguata il prelievo sugli "scudati" e convogliamo più risorse sul fronte previdenziale per garantire un dignitoso tenore di vita ai pensionati e sulla crescita e sulla competitività delle imprese, in particolare quelle agricole che, già in grave crisi, pagano un conto molto salato con la manovra del governo Monti». Netta anche la Cgil: «La tassazione dei capitali scudati deve essere fatta e deve essere aumentata». Condivide l'Ugl. Ma non è così semplice. A raffreddare gli animi ci hanno pensato i tecnici del ministero dell'Economia. La tassa sui capitali scudati «potrebbe non trovare applicazione sul complesso dei capitali già emersi».   Il Servizio Studi del Dipartimento Bilancio della Camera evidenzia dubbi piuttosto rilevanti: «Pur considerando la quantificazione del gettito potenziale coerente con i dati disponibili sui capitali finora emersi per l'effetto della normativa vigente, l'applicazione dell'imposta straordinaria prevista dalla norma in esame potrebbe non trovare applicazione sul complesso dei capitali già emersi. Tale situazione - spiegano ancora i tecnici - potrebbe verificarsi nel caso in cui il contribuente scudato ha investito i capitali emersi in altre attività finanziarie ovvero ha spostato la sua posizione presso un altro intermediario. In tale ultimo caso, in cui il vecchio intermediario non ha la provvista e il nuovo non ha la dichiarazione riservata, non appare chiaro quale debba essere il sostituto d'imposta».   Quanto all'obbligo degli intermediari di segnalare all'Agenzia delle Entrate i contribuenti nei confronti dei quali non è stata applicata e versata l'imposta a causa dell'intervenuta cessazione del rapporto di deposito o per non aver ricevuto la provvista, si evidenzia «la necessità di acquisire chiarimenti circa la compatibilità di tale segnalazione con la garanzia di anonimato delle dichiarazioni di emersione delle attività da parte degli intermediari nei confronti dell'amministrazione finanziaria, prevista dalla normativa vigente, al fine di escludere effetti pregiudizievoli sulle maggiori entrate ascritte alla norma in esame». I tecnici rilevano inoltre che «l'entrata prevista sembrerebbe assumere carattere di una tantum: andrebbe pertanto acquisito un chiarimento del governo sui possibili effetti in termini di indebitamento netto strutturale».   Non sarà semplice sciogliere il nodo. L'esecutivo lavorerà nei prossimi giorni anche sull'ipotesi di indire un'asta sulle frequenze tv al posto dell'attuale beauty contest. Un'ipotesi su cui l'ex premier Berlusconi è piuttosto perplesso: «Non ho mai affrontato il problema, non lo so. Ho visto che un protagonista del mondo televisivo ha rinunciato. E per quanto ne so io c'è anche molta incertezza nell'azienda che fa capo a me e di cui tra l'altro non mi occupo. C'è molta freddezza, non ho un'opinione ma temo che se ci fosse da fare una gara sulle frequenze, la gara potrebbe essere veramente disertata da molti». Secondo Berlusconi «il problema» sono «più i contenuti che i costi delle frequenze, visto che si è sviluppata così tanta concorrenza. Per esempio - ha concluso il Cavaliere, impegnato con il Ppe a Marsiglia - Sky ha rinunciato alla gara. Credo sia molto oneroso tenere in vita i loro canali per la frammentazione del pubblico». La palla passa al professor Monti, che cercherà di trovare la «quadra».

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