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Il Pd cerca l'accordo per salvarsi

Il segretario del Pd Pierluigi Bersani

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A metà mattinata i commenti sulla pagina Facebook di Pier Luigi Bersani hanno già superato quota 180. Molti hanno cominciato a "postare" intorno alle 23, subito dopo che Mario Monti ha spiegato per la prima volta il pacchetto di misure messo a punto dal governo. E non si può dire che siano reazioni di giubilo. Anzi. In molti se la prendono con il segretario e minacciano di non votare più il Pd se non si opporrà «provvedimenti succhiasangue». Certo, c'è anche chi lo difende, ma la rabbia è tanta e monta con il passare delle ore. Un punto su tutti fa discutere: la riforma delle pensioni. Era inevitabile fosse così e non basta aver mantenuto l'indicizzazione per coloro che percepiscono fino a 960 euro. Se a questo si aggiunge l'assenza di una vera e propria patrimoniale (anche se gli interventi su casa, barche e auto di lusso vanno nella stessa direzione), i Democratici hanno un grosso problema da risolvere. Per questo in serata, radunando il coordinamento, Bersani avverte: «Anche se ci sono molte tracce delle nostre proposte, ci aspettiamo correzioni». La linea è tracciata e porta dritta, dritta verso un'intesa con il Pdl. Non sarà difficile. Sia i Democratici che il partito di Silvio Berlusconi non vogliono intestarsi la paternità di questa manovra, ma vorrebbero dimostrare che, grazie al loro intervento, le pur "indispensabili" misure lacrime e sangue sono state ammorbidite. Il Pdl spinge per una revisione delle misure sulla casa. In cambio potrebbe concedere un mezzo punto di tassazione in più sui capitali scudati che potrebbe allargare la platea di coloro che continueranno a usufruire dell'indicizzazione delle pensioni. Lo spiega il capogruppo Dario Franceschini nel suo intervento in Aula: «Basterebbe far diventare quell'1,5% il 2% per poter aumentare la fascia in cui indicizzare le pensioni, anche per chi prende 1.500, 2.000 euro». Insomma si tratta solo di mettersi d'accordo. E di cautelarsi da possibili sgambetti di Lega e Idv. La via d'uscita potrebbe essere quella di far modificare la manovra in commissione direttamente al governo. Pd e Pdl non presenterebbero emendamenti evitando discussioni e litigi al proprio interno. Poi, in Aula, testo blindato con il voto di fiducia. Non a caso Walter Veltroni, rappresentante della minoranza Pd che più ha investito sulla nascita del governo Monti, spiega che «la fiducia è uno strumento che può essere posto anche su un testo che viene delle Commissioni, è una facoltà del governo».

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