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Severino: «Le carceri scoppiano, meglio il braccialetto»

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PaolaSeverino non ha dubbi. Certo, in genere la materia non viene «considerata come portatrice di risparmi», ma «coniugare risparmio ed efficienza anche nella giustizia» si può. Dalle parole il ministro passa subito ai fatti. «Risparmi notevoli» si otterrebbero con l'uso del braccialetto elettronico come misura alternativa alla detenzione, spiega in Commissione Giustizia al Senato. Alcuni problemi tecnici ci sono - ammette - ma sono risolvibili. Anche perché dove si è deciso di applicare questa misura «il tasso di recidiva è estremamente limitato». Severino evidenzia che sinora in Italia l'utilizzo del braccialetto elettronico, misura per cui è necessario «il consenso preventivo» da parte dell'interessato, «è stato molto scarso in questi anni», a fronte del «grande successo» che ha avuto invece in altri Stati dell'Europa e negli Stati Uniti. «Ho già avuto una riunione con il ministro dell'Interno per capire il perché di questo fallimento» - spiega il Guardasigilli - e di fronte a un problema tecnico che sembrava «irrisolubile», «abbiamo unito le forze». Il risultato è che «forse si potrebbe riuscire a varare un progetto» che ne consenta un utilizzo più ampio di quello che c'è stato sino ad oggi. Del braccialetto svuota-carceri si comincia a parlare già nel 1996, quando salta fuori l'ipotesi di applicarlo ai detenuti con problemi di droga. L'idea suscita un mare di polemiche e l'iniziativa viene stoppata sul nascere. Nell'estate del '99, però, se ne torna a parlare prendendo lo spunto dal fatto che in altri Paesi - non solo gli Usa, ma anche Gran Bretagna, Svizzera e Germania - lo strumento è in uso, con successo, da anni. Il 21 settembre 1999 il presidente del Consiglio D'Alema annuncia: il braccialetto per il controllo dei detenuti in semilibertà sarà sperimentato entro l'anno. Tutto sembra arenarsi sul problema della privacy, ma il governo insiste e il 24 novembre 2000 il Consiglio dei ministri approva un decreto legge che prevede l'introduzione del braccialetto con il consenso del detenuto. Il provvedimento diventa legge con l'approvazione del Parlamento il 17 gennaio 2001. L'obiettivo è quello di controllare a distanza, attraverso un trasmettitore collegato alla caviglia, detenuti in misura alternativa e persone agli arresti domiciliari. Alcuni detenuti, però, riescono a fuggire e l'uso del braccialetto non decolla, ma si continua a pagare. In particolare, nel novembre 2003 il governo definisce un accordo con Telecom per la fornitura del servizio che prevede un canone annuo di circa 11 milioni, fino al 2011.

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