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Il Cav pensa già al voto

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Silvio Berlusconi

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Adesso Silvio si diverte. Il governo Monti avrà la fiducia «di tutto il Pdl», assicura a più riprese il Cavaliere, tornato - da «semplice» deputato - a lavorare a tempo pieno per il partito. Non è un sì a scatola chiusa, però. «Voteremo i provvedimenti decidendo volta per volta e spingeremo per accelerare quelli che avevamo noi in cantiere», spiega Berlusconi riunendo i parlamentari Pdl, al Senato prima, alla Camera poi. Nel «cantiere del Pdl», di sicuro, non c'è posto per il ritorno dell'Ici, o per la patrimoniale. È lui stesso a mettere le cose in chiaro: «Con il professore Monti ho escluso la possibilità di un nostro appoggio alla patrimoniale; credo che non sia quello che ci vuole perché abbatterebbe il valore degli immobili del 15% e svilupperebbe un fatto psicologico negativo», sentenzia. Insomma, il governo Monti ha l'appoggio del Pdl, ma «durerà finché lo vogliamo noi», avrebbe detto il Cav ai suoi. Lui, in realtà, si sente già all'opposizione. Con l'arrivo dei tecnici la democrazia è stata sospesa - è il suo ragionamento - ma i sondaggi non consentivano di fare diversamente. Andare a votare adesso «sarebbe stato da irresponsabili perché le pressioni internazionali sono altissime» e affrontare una campagna elettorale «sotto l'assedio dei media e il terrorismo della Sinistra sarebbe stato un errore». Ma tutto potrebbe cambiare anche nel giro di tre mesi, spiega Silvio ai suoi. E allora la «macchina da guerra» berlusconiana è già pronta. Congresso nazionale in primavera, una riunione dell'ufficio di presidenza a settimana (probabilmente il venerdì), una direzione nazionale al mese, una riunione di gruppo ogni 15 giorni e ogni tanto una cena con massimo 30 parlamentari alla volta. «Desidero essere l'imprenditore della campagna elettorale, sarà una cosa mai vista», annuncia. L'obiettivo è raddoppiare il numero delle adesioni al partito: «Ho preparato una lettera da inviare al milione di nostri iscritti - spiega - Ho l'intima convinzione che vinceremo con certezza le prossime elezioni». Già - ragiona il Cav - perché «la crisi la paga chi governa, vince chi è all'opposizione», dice tradendo il suo reale stato d'animo nei confronti del neonato governo Monti. Niente di personale, ci mancherebbe. Anzi. Lui, il professore «è arrivato ed è stato accolto come Maradona nel Napoli». È stato sufficiente annunciare il suo arrivo «perché scoppiasse la festa, ma poi non è che bastava solo lui», dice ricordando la situazione ancora critica di spread e marcati. In nuovo esecutivo dovrà attenersi alle misure consegnate dal vecchio governo all'Ue.   Il Cav non intende dare limiti temporali alla nuova «squadra anti-crisi», ma limiti di obiettivo quelli sì, come annuncierà oggi, nel suo primo discorso alla Camera da «semplice» deputato che dai banchi di Montecitorio si rivolge al governo. Quanto alla sua nuova - si fa per dire - attività di «imprenditore della campagna elettorale», Silvio ha le idee chiare. Intanto il partito. «Dobbiamo essere assolutamente uniti. Se c'è una frazione del Pdl, nessuno di noi conta più niente. È importante dare la sensazione che siamo un partito per l'Italia», raccomanda ai suoi. Poi le alleanze. Silvio non ha dubbi: la Lega resta il partner «più leale». Il rapporto con Bossi è saldo, «ogni lunedì vedrò o sentirò Umberto» assicura, ma raccomanda ai senatori di fare «da collegamento» con il Carroccio: «Dobbiamo tenerli vicini», ammonisce. È solo il primo obiettivo. Il secondo è quello di allargare i confini dell'attuale centrodestra, guardando all'Udc e al terzo polo, «interlocutori naturali» per costruire la casa dei moderati. Fini? Una telefonata con il presidente della Camera c'è stata. «Se Fli si pente...la diaspora è iniziata con loro», ragiona il Cav. Quanto alla Chiesa e all'avanzare dei cattolici, nessun problema: «Nessun governo ha dato di più del nostro al Vaticano e infatti il Vaticano ci è vicino», spiega. Quanto al futuro leader, è già cosa fatta. «Noi abbiamo Alfano, altro che Casini e Bersani, loro sì che sono dei vecchi. Ecco perché tutti ci invidiano Angelino: hanno paura di lui», spiega Berlusconi ai deputati. In ultimo, l'ennesima trovata geniale: il Pdl prenderà gli spazi a palazzo Grazioli «dove c'era la tv di Massimo D'Alema, avremo una nostra tv». È galvanizzato. Di nuovo.

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