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Unicredit alla prova della ricapitalizzazione con i cinesi alla porta

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Nonsolo per l'invito generalizzato arrivato dall'Eba, l'autority europea di supervisione nel settore del credito, ma anche per l'inserimento nella lista di banche sistemiche ovvero quelle troppo grandi per fallire. Un riconoscimento del ruolo dell'istituto di Piazza Cordusio, insieme a lui solo altri 28 enti creditizi dell'intero pianeta sono considerate così importanti, ma che costringerà i soci, in particolare le Fondazioni, a tirare fuori liquidità in un momento non proprio florido per i flussi di cassa. Girano già indiscrezioni sullo sforzo finanziario richiesto agli azionisti. L'aumento di capitale potrebbe costare tra i 4 e i 7 miliardi di euro secondo una fonte dell'agenzia Reuters. Una cifra importante ma non impossibile per i grandi fondi sovrani del mondo che, a differenza dei soci occidentali, hanno casse stracolme di dollari ed euro. C'è solo una grande paura che serpeggia tra gli operatori. A questi prezzi di mercato, ieri un'azione di Unicredit valeva in Borsa, 77 centesimi, un grosso acquirente potrebbe comprare tante di quelle azioni da poter spostare gli equilibri di comando con una spesa tutto sommato modesta. Con prezzi così bassi i diritti di acquisto, ovvero l'opzione per comprare titoli riservata ai possessori, sarebbero trattati in Borsa a costi talmente bassi che un soggetto fortemente liquido non avrebbe problemi a comprarne in quantità tali da diventare primo azionista. Insomma il momento di mercato è tale che una delle prime banche d'Italia potrebbe cambiare governance a prezzi scontati. Avrà avuto sicuramente in testa questo scenario il presidente della Fondazione Banco di Sicilia, Giovanni Puglisi, che ieri ha lanciato l'allarme sul possibile arrivo dei fondi sovrani. Coinvolgere i fondi sovrani del Qatar e della Cina per il prossimo aumento di capitale di Unicredit «è troppo comodo», visto il ruolo che le Fondazioni italiane hanno giocato nelle ultime ricapitalizzazioni. «Ma soprattutto i soci e i vertici della banca devono stare attenti ai fondi cinesi, che nel gruppo entrerebbero per comandare» ha detto Puglisi, sulle indiscrezioni di contatti avviati da Unicredit con il Qatar Investment Autorithy e il fondo cinese Cic per sondare la disponibilità a partecipare alla prossima ricapitalizzazione del gruppo. «Ora è troppo comodo tirare fuori i fondi sovrani per l'aumento di capitale» ha spiegato Puglisi. «I fondi sovrani vanno bene se ci aiutano a superare la china, ma se è vero che le azioni si pesano, poi si contano anche». «In particolare ha continuato Puglisi- consiglio di stare attenti più ai cinesi che agli arabi, perché gli arabi badano alla redditività, mentre i cinesi investono per comandare e vogliono il potere».

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