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Lagarde affonda l'Italia: "Il problema è la credibilità"

Christine Lagarde

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L'Italia è un Paese solvibile ma non credibile. La questione, vista dall'alto del Fondo Monetario Internazionale, è piuttosto chiara e può essere brutalmente sintetizzata in una riga. Sappiamo che in condizioni di normalità (ma - in verità - viste le speculazioni finanziarie in corso, non è questo il periodo) il debito italiano è sostenibile, così come siamo coscienti che la maggior parte delle proprietà che concorrono a formare la ricchezza del nostro Paese sono in mano alle famiglie, e dunque agli italiani. In più abbiamo un sistema creditizio abbastanza auto-tutelato da evitare crolli improvvisi stile Lehman Brothers. Il punto non è questo. Il punto è la lentezza con la quale la politica, bloccata dagli ostruzionismi dell'opposizione e dall'incapacità di restare coesi all'interno della maggioranza, riesce a concretizzare le riforme che - in un pianeta ormai globalizzato - tutti si aspettano. La mancanza di concretezza spaventa i mercati, ingrossa il debito pubblico, frena lo sviluppo. Il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Cristine Lagarde, l'ha detto chiaramente: «Il problema dell'Italia è che manca di credibilità». Il punto dunque, anche agli occhi di chi governa il motore del mondo - cioè i soldi - non è la mancanza di liquidità: «L'Fmi - ha detto Lagarde - non ha offerto fondi all'Italia, perché l'Italia non ha bisogno di linee di credito precauzionali». La precisazione è arrivata dopo che - a margine del G20 - si era sparsa la voce di un respingimento da parte del governo Berlusconi di un'offerta di aiuto fatta dal Fondo Monetario Internazionale. In realtà l'Italia ha chiesto - ma, forse, non poteva non farlo - all'istituzione di Washington di effettuare un monitoraggio trimestrale sull'attuazione delle misure di risanamento e riforma promesse all'Unione Europea. Una richiesta che Lagarde si è affrettata ad accogliere «con favore», ritenendolo un passo importante «per aiutare a sostenere i grandi passi intrapresi dal Governo sia sul piano del consolidamento fiscale che su quello delle riforme strutturali». Dunque si fa sul serio: la lettera d'intenti verrà vivisezionata ogni tre mesi, e per far capire che non c'è più spazio per le chiacchiere Lagarde ha sottolineato come «i rapporti trimestrali che saranno redatti dal Fmi nell'ambito del monitoraggio sull'Italia verranno pubblicati». Che nell'era di Internet vuol dire rispetto totale degli impegni o gogna mediatica internazionale, cioè la beffa oltre al danno finale: il default. Ma l'Italia - se saprà scrollarsi di dosso il fardello delle sterili polemiche di botteghe (oscure!?) e recuperare nel centrodestra un'unità d'intenti che in Parlamento è stata più assente di Gaglione - quello della bancarotta è un rischio che non corre. Per di più c'è l'azione di rilancio che la stessa Lagarde ha annunciato: «Con un'appropriata azione collettiva - ha detto - il Pil mondiale potrebbe crescere dell'1,5% entro il 2016, e potrebbero essere creati tra i 20 e i 40 milioni di nuovi posti di lavoro». Il Fondo monetario internazionale ha deciso di aumentare a mille miliardi di dollari la potenza di fuoco contro la crisi. Con questi soldi s'intende «lavorare speditamente con il consiglio di amministrazione per adottare una nuova linea di credito precauzionale e di liquidità a breve termine ai Paesi con fondamentali solidi che affrontano shock sistemici». Obama ha plaudito la scelta italiana di far monitorare dal Fmi il piano di risanamento: «L'Italia è un grande Paese, con un'enorme base industriale, grande ricchezza, grandi risorse. Certificare l'attuazione degli impegni servirà a ridare fiducia al Paese». Certo, l'Italia da questo G20 esce ridimensionata sotto il profilo politico, più che devastata sotto quello finanziario. Il doppio controllo che verrà eseguito dalla Commissione Europea e dal Fondo Monetario assume il sapore di un «commissariamento», al quale si aggiungono gli interventi del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano costretto da tempo a fare da garante all'estero e da arbitro in casa. Com'era ampiamente prevedibile, all'interno dello Stivale le parole di Lagarde sono state immediatamente utilizzate non per un'autocritica che coinvolga l'intero arco costituzionale, ma per mettere il premier per l'ennesima volta nel mirino. Tutti parlano a nome degli italiani, nessuno riesce seriamente a operare per l'Italia. Entro fine mese arriveranno gli «ispettori» del Fondo Monetario. Sta alla nostra classe politica, nella sua interezza, evitare che quando arriveranno la scena non sia quella di un delitto, con il cadavere dell'economia italiana abbandonato in una pozza di debiti.

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