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L'acqua che fa ricco De Magistris

Il sindaco di Napoli De Magistris alla conferenza stampa sull'emergenza rifiuti

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Ha sostenuto il referendum contro la privatizzazione dell'acqua. E ha cambiato nome alla società comunale che la distribuisce chiamandola «Acqua bene comune». Ma Luigi De Magistris, da maggio nuovo sindaco di Napoli, in realtà con l'acqua alla fine ci fa guadagnare assai la sua città. Alle spalle della Regione e di qualche centinaia di migliaia di cittadini. Il meccanismo «infernale», che in questi ultimi giorni ha scatenato una vera e propria guerra tra lui e il presidente della Campania Stefano Caldoro, sta in un acquisto e successiva cessione a costi diversi. La Regione, infatti, vende al Comune una parte delle sue risorse idriche a 0,18 euro al metro cubo. Ma secondo alcune denunce in realtà il prezzo in molti casi sarebbe ancora più basso, grazie a una vecchia convenzione: 0,05 euro al metro cubo. Però la Regione – che per raggiungere tutti i paesi della provincia napoletana, non avendo un sistema idrico così capillare deve per forza sfruttare quello del Comune – a sua volta a un certo punto la ricompra dalla società «Acqua Bene Comune». E qui scatta il guadagno per De Magistris. La società, infatti, la fa pagare all'ente regionale tre volte tanto, 0,47 euro al metro cubo. Un guadagno secco su quel bene che Luigi De Magistris si è battuto per non far privatizzare perché dovrebbe essere proprietà di tutti. In questo modo, però, il sindaco è riuscito a portare nelle casse del Comune circa 3 milioni di euro di attivo della società. Con un piccolo ma significativo rovescio della medaglia: il sovrapprezzo che viene praticato dal Comune viene scaricato sulle spalle dei cittadini delle province che vengono «servite» dall'acqua rivenduta a un costo più alto. La vicenda non è iniziata con l'arrivo di De Magistris sulla poltrona di sindaco ma è antica. E dipende dal fatto che la Regione non ha mai fatto una normativa per disciplinare quello che in termini tecnici si chiama «trasferimento di risorse in ambito territoriale». Solo che in questi giorni il Governatore Stefano Caldoro, dopo un lungo braccio di ferro proprio con il sindaco, ha deciso di non rifornire più l'acquedotto napoletano e ha chiuso le prese dell'acqua. Nessun disagio per i cittadini partenopei, che comunque hanno altre fonti di approvvigionamento, ma moltissimi per tutti i cittadini della provincia che sono serviti, in buona parte, grazie al «passaggio» nelle condutture della società comunale. Da quando infatti la Regione ha deciso di chiudere i rubinetti circa centomila persone che abitano nella zona di Somma Vesuviana, Ottaviano, Santa Anastasia, hanno grossi problemi idrici. Un problema che, evidentemente, non sfiora il sindaco paladino dell'Acqua Bene Comune.

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