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Il cappio dell'austerità

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La forca eretta dai manifestanti davanti al Parlamento greco durante lo sciopero generale di giugno scorso

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Visto il desolante nulla di fatto del consiglio dei ministri e in attesa di capire se la storia di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi è al «the end» o meno, sul mio taccuino resta una sola vera notizia alla voce «indice manifatturiero». Ieri Markit ha diffuso i dati di ottobre e c'è da chiedersi che cos'altro debba accadere per varare dei provvedimenti per la crescita. Tira un'ariaccia: nell'Eurozona l'indice è 47,1 punti, registra il terzo calo consecutivo e per la prima volta dal settembre del 2009 anche la Germania scivola sotto la soglia critica dei 50 punti. E in Italia? L'indice è il più basso degli ultimi 28 mesi, segna 43.3 punti. Ma quel che allarma è il brusco crollo rispetto alle previsioni che vedevano il livello di caduta a 47.1. Quattro punti sotto le stime. Dietro di noi c'è la Grecia con un eloquente 40.5. Il solo bagliore positivo è dell'Irlanda che per la prima volta dal maggio scorso supera il tetto dei 50 punti, unico paese in espansione. Non occorre una cattedra in economia per comprendere che l'Europa ha bisogno di una cura diversa da quella finora proposta dalla Bce e dalla governance di Bruxelles. L'austerità a tutti i costi ha già certificato la sua inefficacia. É il cappio al collo dell'economia. Speriamo che oggi al vertice del G20 a Cannes il presidente della Bce Mario Draghi tenga conto di questi numeri. Nei suoi discorsi da governatore di Bankitalia ha sempre ricordato che la crescita deve essere stimolata, vedremo se sarà capace di cambiare i dogmi di Eurotower. Gli stessi numeri dovrebbe tenerli a mente anche il governo, ma da mesi la voce «crescita» è stata cancellata dal vocabolario tremontista e a Palazzo Chigi si è lasciata scorrere la sabbia nella clessidra. Così siamo arrivati all'oggi. Male e tardi. In momenti come questo una nazione tira fuori le energie positive, lascia da parte la logica di fazione e cerca di superare l'ostacolo. Poi si regolano i conti politici, si chiedono le dimissioni e si vota la sfiducia. Si sono scritti tanti decreti inutili, ma proprio quello necessario e urgente più di tutti lo si è evitato. É uno sberleffo suicida ai mercati, un cinico escamotage che serve a schierare meglio il plotone d'esecuzione per Berlusconi. Buona fortuna.  

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