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Il Pd tifa per lo sfascio

Il segretario del Pd Pierluigi Bersani

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«Siamo una forza di governo temporaneamente all'opposizione» ama ripetere Pier Luigi Bersani quando, dal pulpito di una piazza democratica, si rivolge ai suoi elettori. Bè, gli ultimi avvenimenti hanno definitivamente dimostrato che non è così. Riepiloghiamo: dopo l'ultimatum rifilato all'Italia da Merkel e Sarkozy, che ci imponeva di presentare misure anti-crisi efficaci entro mercoledì scorso, dopo il duro scontro tra Bossi e Berlusconi sulle pensioni, il governo ha inviato una lettera di intenti alla Commissione europea. Ed è andata bene: la missiva ha convinto Bruxelles. Un'opposizione responsabile avrebbe tirato un sospiro di sollievo e presentato proposte proprie per aiutare il governo a superare la crisi. Non è il caso di Bersani e compagni. Le reazioni dei Democrat sono di segno inverso rispetto a quelle che arrivano dall'Europa: «Ma figuriamoci se riescono a realizzare le misure. Ma avete visto le scadenze? Non ce la faranno mai, basta vedere cosa è successo anche ieri in aula...», sottolinea Dario Franceschini, capogruppo Pd a Montecitorio, riferendosi alle sconfitte di mercoledì della maggioranza, battuta per due volte. Bersani è ancora più duro: «A parte le minacce inaccettabili di entrare a piè pari sul mercato del lavoro, tutto il resto è merce usata - attacca - È merce usata venduta come nuova in modo francamente sconcertante. Io per carità di patria non faccio l'elenco punto per punto ma ci sono vere e proprie prese in giro». Non è tutto. Il segretario si lancia in un'approfondita analisi di merito sul comportamento dei vertici comunitari: «Credo che l'Europa giustamente non abbia altro interesse che rendere credibile le misure italiane. Siamo troppo grossi per essere salvati. Temo, però, che da un esame tecnico possa emergere che sostanzialmente non ci siamo». Ecco perché - conclude Bersani - «chiedo al governo di venire in Parlamento e di spiegare in che modo intende rispettare quel calendario. Ci faccia vedere cosa c'è di nuovo e come possa essere rispettata la tabella di marcia». A non convincere i Democrat sono soprattutto le norme - annunciate nella lettera inviate all'Ue - che rendono più facili i licenziamenti. Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd si rivolge direttamente a Maurizio Sacconi: «Caro Ministro - attacca - abbia almeno il coraggio delle sue azioni, non tenti di coprirsi con l'Europa. È dall'avvio della legislatura che lei opera sistematicamente per ridurre i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, giovani e meno giovani, stabili e precari. L'unica ideologia in campo è la sua e dei suoi colleghi conservatori. È l'ideologia di moda nell'ultimo quarto di secolo, clamorosamente fallita, come dimostra la situazione economica e sociale nella quale viviamo, ma ancora riproposta come ricetta per uscire dal tunnel». I democratici hanno perso un'altra scommessa. Avevano puntato tutto sulla bocciatura di Bruxelles, giocando contro il proprio Paese. Adesso attaccano quei provvedimenti che è la stessa Ue a chiederci (soprattutto in materia di «flessibilità» e previdenzia) e tentano di far crollare a picco la credibilità dell'Italia. Proprio adesso che le banche - fiduciose, loro - cominciano a ricomprare i nostri titoli. La crisi, insomma, ha smascherato la Sinistra: è fuori dall'Europa. E contro l'Italia.

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