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Linea dura della Germania «Chi sbaglia ora paga»

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Ilcontributo di Berlino alla crisi è di 211 miliardi e «questo rimane». E a chi l'accusa di non avere visione, Angela Merkel risponde affrontando l'Europa in modo pragmatico: «Dove sta scritto che per cambiare i trattati europei servono 10 anni?» Le regole vanno cambiate, con pesanti sanzioni per chi viola i patti di stabilità, che in futuro dovrà rispondere davanti alla Corte di giustizia europea. Sono questi i punti fermi della cancelliera, che al vertice di Bruxelles arriva con un ampio mandato parlamentare, e con la sua maggioranza. C'è poi un terzo pilastro della posizione tedesca, dato addirittura per scontato, fuori dalla portata di ogni ragionamento: l'indipendenza della Bce. «Una partecipazione della Bce al rafforzamento del fondo non è sul tavolo, e questo per la Germania è fuori questione». La Germania mette i suoi paletti dicendo basta all'acquisto dei bond. Un discorso da grande occasione, con la stampa che segue la cancelliera minuto per minuto fino all'intervento in aula: giacca blu, andamento fluido, piglio pratico - «siamo l'economia più forte d'Europa ma non l'ombelico del mondo» - fino a una chiusa solenne. Pace e benessere in Europa non possono essere dati per scontati. La Germania ha un «dovere storico» nel tutelare l'Europa e «questa generazione politica non può prendersi la responsabilità di fallire», dice la cancelliera per convincere il Bundestag a votare la mozione bipartisan sulle misure anticrisi. Il documento di indirizzo sottoscritto da Unione (CDU-CSU) Liberali Spd e Verdi, non vincola la cancelliera come una legge, ma le ha imposto di dire a Bruxelles: qui c'è una linea oltre la quale non posso andare. Frau Merkel cita, fra le buone notizie, l'impegno della Grecia: «Merita il nostro rispetto», ma «dovrà essere accompagnata a lungo» e un taglio del debito - divenute ormai insostenibili le condizioni pattuite il 21 luglio, dice esplicitamente - impone di mettere al riparo gli altri Paesi, per evitare un contagio, ricapitalizzando le banche e rafforzando il fondo EFSF. Cita Irlanda e Portogallo, sulla buona strada. Manca l'Italia, e l'assenza di Roma - messa sotto torchio - suona come un implicito richiamo. La cancelliera dice: «La Grecia non è il Paese più grande fra quelli indebitati. I Paesi a rischio devono fare i compiti per ottenere una loro stabilità». Poi si rivolge di nuovo ai concittadini tedeschi: «Il rischio è sostenibile. E un'alternativa più ragionevole davanti a me non c'è». L'aula sembra convinta, a tratti applaude, e poi vota: 503 sì, 89 contrari, 4 astenuti. La Merkel può partire. Resta da vedere quanto pagherà tutto questo nel cuore dei tedeschi. Il sondaggio di oggi del Forsa, pubblicato dallo Stern, mostra che addirittura fra i suoi elettori dell'Unione un 17% alla ragazza di Kohl preferisce Peer Steinbrueck, l'ex ministro delle Finanze ai tempi della grande coalizione.

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