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Il futuro dei libici è in mano all'Onu

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Pocoimporta. Interessa la cronaca sempre un pò morbosa. Dal punto di vista politico è importante che siano stati i libici ad ucciderlo. Non la NATO, anche sembra che sia stato ferito da un aereo francese o da un Predator americano. I trionfalismi sono ingiustificati. L'uccisione di Gheddafi non significa la fine del conflitto e la stabilità democratica in Libia. Non è escluso che vi siano altri atti di violenza. Abdul Jalil e Mahmoud Jibril possono dichiarare che la Libia è stata liberata. C'è però da sperare che non mantengano la promessa di dare le dimissioni, cedendo i poteri ad un governo ad interim. Penso che siano sinceri e che vogliano promuovere una riconciliazione nazionale o, almeno evitare vendette. Dovrebbero rimanere al potere, finchè la situazione non sia più chiara. Godono della fiducia internazionale, anche se non quella di tutti i libici. Nella nuova Libia i vincitori sono molti e divisi. Nessuna milizia intende rinunciare al potere a cui pensa di avere diritto. Non tutto beninteso è negativo. La produzione del petrolio è ripresa a 400.000 barili al giorno. L'ENI sta riattivando il gasdotto Greenstream. La società libica è forse meno tribale di quanto venisse ritenuto. Il 70% della popolazione è urbana. Però, rimangono forti le contrapposizioni fra gli abitanti della Cireneaica con quelli della Tripolitania, fra gli islamisti più o meno radicali e gli elementi più secolari. Il CNT non è obbedito dalle milizie. Fra gli arabi ed i pochi berberi non arabizzati non corre buon sangue. È difficile prevedere cosa avverrà. La costituzione federale del vecchio regno della Senussia, con due capitali, non appare praticabile. Ormai quasi un terzo della popolazione libica è concentrato a Tripoli. Pretenderà che rimanga l'unica capitale. Bengasi dal canto suo non vorrà cedere, data la sua primogenitura della rivolta. L'Occidente non può restare indifferente. Un nuovo conflitto destabilizzerebbe i Paesi vicini. Aumenterebbe l'influenza degli islamisti e l'afflusso di immigrati. Impedirebbe la ripresa del petrolio. Ma l'Occidente ha le armi spuntate. Non può invischiarsi in un conflitto fra le fazioni. Sarebbe un disastro per lui e per la Libia. Meglio astenersi e lasciar fare all'ONU, sperando che non combini pasticci. Forse, una carta la potrebbe giocare l'Italia nell'incentivare il ritorno delle PMI che già operavano in Libia. Esse contribuirebbero alla sua stabilizzazione. Sono gli strumenti più efficaci che possiede l'Italia, per affermare la sua presenza in un Paese tanto vicino non solo per la geografia, ma anche storicamente ed umanamente.

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